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C'E' CHI SCENDE E C'E' CHI SALE

          (Estemporanea, 29 febbraio 2020) In lontananza, il mare. Cupole bizantine. Il giardino dei semplici e le piante officinali. Il centro storico e' fatto di lastroni lucidi, di santi e tritoni, dietro ai cancelli. "Gatto" lungo le strade e sui muri. Per i vicoli il potere espansivo del sole e il profumo della ginestra odorosa, del finocchio marino e della salvia sagittata. In questo contesto, Barbarah Guglielmana improvvisa una mostra estemporanea, rapita da un tempo che fa esplodere la bouganville che qui, fiorisce, anzitempo. La Location: un ascensore. Quello del chiostro del convento di Ave Gratia Plena, a due passi da Santa Annunziata. Pareti grigio asfalto. Sfondo perfetto per il bianco e il nero della linea aforismatica. Grigio come sono i pensieri da cui sfuggire. Sul foglio fichi d'India, nuvole, vento, nuovi viaggi, vecchi amori e u' mare... " non vi potete sbagliare, sta in fondo a destra, e poi 'a strada vi porterà!...

VOGLIA DI LEGGEREZZA

Si è alzato il vento. Con esso aria nuova. Ci si copre la gola e si scopre l'anima, allo sbocciare dei narcisi. Che voglia di leggerezza! Voglia di giocare con la parte tratteggiata della linea del tempo, saltellandoci sopra          op op op _______ _ _ _ Stare con la grazia del pellicano, oca elegante, a pelo dell'acqua. Coi piedi, battere e levare, fuori tempo ma con garbo, solfeggiando, a memoria, un tempo tutto mio, fuori dallo spartito. Sentire addosso, sulla pelle nudissima, il velluto dei primi germogli, senza peso e senza rumore, mentre la vecchia giacca a quadrettoni, che mi ha protetto i polmoni nei giorni d'inverno, si fa pezzo vintage da collezione privata, come è la storia di ciascuno di noi. Avere voglia del bicchiere mezzo pieno e di svuotarlo, ma senza fretta. Voglia di poche e selezionate parole, di ascoltare poesie di tre sillabe e musiche di un'unica potente nota. Voglia del verde del rosmarino ma, ancor di più, del suo ...

COL SILENZIO, NO

Ci sono le parole, ma anche i silenzi. Silenzi cercati, voluti, desiderati. Silenzi d'intesa. Il petalo che si colora di carminio (accordandosi con non si sa chi), la lumaca che avanza, la tua palpebra al risveglio. Ci sono silenzi evoluti. Silenzi maturi. Silenzi rispettosi. Il silenzio della nonna che gira il ragu' e lavora la maglia, lentamente, scrutando il mondo da dietro l'occhiale presbite, per poi tornare a girare il filo di lana. I silenzi d'alta quota, che congelano i pensieri. I silenzi sotto al salice, di chi fa meditazione, yoga e mangia bambù. E anche quelli nella sala d'attesa di un reparto di Rianimazione. (Ma ci sono anche i silenzi vigliacchi, quelli omertosi, quelli come negazione, i poco trasparenti. I silenzi come pistola con il grilletto pronto a saltare. Ma con questi, oggi, non ho voglia di intrattenermi). Il silenzio è potente. Tanto potente. Troppo potente. Con la parola Do' un colore, un peso, una forma, una...

INFEZIONE VIRALE E ALLIUM VIOLA

Infezione virale. Definizione: "infezione generata da un virus che può provocare un danno STRUTTURALE ma anche FUNZIONALE". STRUTTURALE: e' ciò che siamo, la sequenza precisa di amminoacidi che forma il nostro DNA, il fegato, la milza, i polmoni, le ossa, il cervello....tutto ciò che ha un peso specifico, insomma. FUNZIONALE:  tutto ciò che NON ha un peso specifico. È come facciamo funzionare quel tutto, tecnicamente perfetto. È la nostra soggettività con le sue infinite possibilità di amplificazione, riduzione, deformazione, limitazione, trasformazione, alterazione, peggioramento, miglioramento sublimazione.... eccetera, eccetera, eccetera... Il virus potrebbe, quindi danneggiare ciò che SIAMO, ma anche ciò che CREDIAMO di essere. Si sa che la replicazione dei virus (corona incluso) può essere completa o incompleta; le infezioni apparenti o inapparenti; le presentazioni cliniche sintomatiche, paucisintomatiche o del tutto asintomatiche. Tutto ...

GIRLS, INTERRUPTED

Avevi le stesse labbra di Angiolina Jolie in "Girls, interrupted". L'ho rivisto di recente. Anno di uscita 1999. Lei, Angelina, la Jolie, aveva 24 anni. Tu, oggi, di anni, ne hai pochi di più, Ma simili ossessioni, intrusioni continue, il medesimo abisso. Tu meno bionda, Meno attrice Piu' vera. Verissima. Un trattato di psichiatria, si vociferava per i corridoi del PS. Che poi cosa vorrà mai dire? Un mix. Di che? AnsiaDepressioneSchizofrenia PersonalitàBorderlineBipolarismoParonoiaDipendenzeChealtro? Tu eri, semplicemente, disperata. Fuori di te. I genitori fuori dalla porta. Le ambulanze fuori dal PS Il sole? fuori anche lui. Noi dentro. Dentro al PS Dentro la stanza. Io entravo e uscivo, a dire il vero (che enorme privilegio!). Lo specialista della mente e dei pensieri, cercava di farsi breccia nei tuoi circuiti aggrovigliati e ti conteneva, come in un abbraccio. Ti avrebbe calmato per davvero  un abbraccio (in carne ed ossa)? Q...

DI ANATOMIA E FEMMINILITÀ

Cicatrici, asportazioni, mutilazioni, avulsioni, bendaggi, discromie, nuove anatomie. Dove sta la femminilità? In quelle due piacevoli ghiandole poste proprio al centro del petto, chiamate mammelle, che muoviamo sincrone ad ogni respiro, circa 17 mila volte in un giorno, salvo accelerazioni emotive? O nelle loro buffe appendici, dette capezzoli, che sentono il freddo e la neve prima di tutti, un po' come capita agli artrosici? O forse nelle cellule allineate in triplo strato nella pera muscolosa, detta utero (le cui pareti io, comunque, immagino, di graffiti variopinte)? Dove sta la femminilità? Nei fianchi morbidi o nelle curve, da sempre richiamo esistenziale? Nelle unghie pittate o nelle labbra ben definite?  Nell'odore, che è meno pungente, o nel ventre porto naturale? La femminilità. Io credo stia nell'istinto materno, esattamente come nel non istinto. Nell'amplificazione, esattamente come nella capacita' di sintesi. Nell...

CRICETI, GIRINI E CHICCHI D'UVA

Libere Associazioni. ARGILLA. L'argilla non lavorata, Solidifica. CRICETO. Il criceto nella ruota gira, suda in fronte. Beve la goccia. Continua a girare! LUCCIOLE. Le lucciole pare che illuminino, solo se le loro molecole si muovono a velocità elevatissime. Questione di attriti e di improvvisa espulsione di frammenti incandescenti. CIRCUITI. I miei si surriscaldano in fretta. EDIPO. Edipo non sarebbe stato lo stesso se non avesse incontrato la Sfinge. Io me lo immagino proprio, pieno di orgoglio, senza un cedimento, non uno, a rispondere alla cagna furibonda e ammaliatrice :"È  l'UOMO la risposta giusta!  L' "UOMO"!! Azzeccando brillantemente l'enigma! Bene. Sfinge 1, Edipo 0!! Sì! Lui, Edipo, risponde, indovina  e... si  distrae! Scopre l'UOMO, ma non SE' STESSO! Da lì tutti i casini, a seguire. NARCISO. Ahh! Narciso!! Narciso nell'acqua cercava i GIRINI. SI I GIRINI! Piccoli piccoli, veloci veloc...

TEMPO, CEROTTO E AMUCHINA

Dicono che il tempo curi tutte le ferite. Dicono. Dicono anche che le ferite guariscano in  tempi diversi a seconda che accadano di giorno o di notte. Pare che le ferite della notte siano le più lente a guarire. Le ferite "serali" che si prendono un po' gioco del tempo e richiedono cure più premurose. Il tempo. L' assoluto relativo. Ciò che ci scandisce. Ci plasma. Ci rende saggi O inquieti. Capitan Uncino era ossessionato dal ticchettio dell'orologio, ma ancor di più dal coccodrillo xilofagico e dalle sue lacrime. Lui, il capitano, non piangeva mai. Unico adulto dell'isola. "Se tu conoscessi il Tempo come lo conosco io " -rispose il Cappellaio Matto- non ne parleresti con tanta confidenza! Scommetto che tu non hai mai parlato col Tempo". "Forse no",  rispose, PRUDENTEMENTE Alice. Il tempo. Come le curerebbe le ferite? Con l'amukina o con il betadine? Con l'anestetico o con un cerotto e via? Io le fe...

EFFETTO WASABI

Il vuoto d 'aria. Si traballa. Si turbina. Si trapassa. Si trotta. Il vuoto d'aria. Le orecchie si tappano. Il tuo baricentro si svela. Il vuoto d'aria. O ci stai dentro, O, capitano, vai un po' più su! Il vuoto d 'aria. Sta nello stomaco, nel centro della fronte (effetto wasabi) e nel bel mezzo di tutto. Il vuoto d'aria. L'instabilità. Le rotaie sono altrettanto insicure, comunque. Il vuoto d'aria. Non staccate le cinture di sicurezza! Restate seduti! Tra  poco il bar apre. Il vuoto d'aria. Il tuo, devi diventare esperto a gestirlo. Avere qualche ora di guida all'attivo, un piano B, o innescare il pilota automatico, se proprio ti prende il panico. Il vuoto d'aria. Di alcune cose posso farne a meno. Di altre meno ancora. Di altre non posso proprio. Il vuoto d'aria. Sentirsi fragili per un tempo breve, ma sufficiente, a sentirsi vivi, subito dopo. Epifania. Hai mai visto con che grazi...

BUD-GATE A15 h13

Faccia stanca. Faccia tirata. Faccia tirata a lucido (avrei scelto nuance più chiara, è inverno). Faccia spenta. Faccia persa. Faccia con mascherina. Mascherina, senza filtro. Tu vuoi un letto. Tu più di uno. Tu un amore. Tu solo uno scalo, poi un altro volo. Tu niente, non vuoi, beatamente, niente! Tu vuoi informazioni piu' chiare. Tu una carezza. E arriva. Menomale. Tu la prossima foto da postare. Tu anche quella prima,  da ritoccare. Tu leggi "ALTITUDE". Guardo su google: "The plane can't land. It can't turn back. And the fuel's running out"... l'aereo non puo' atterrare, l'aereo non può tornare indietro e il carburante si sta esaurendo". Tu:"venerdì c'è anche Fabio alla riunione, va bene cosi, e... la fattura non è la 17 controlla meglio". Due si baciano. Standing ovation!! Tu torni a casa. Tu torni da lei. Tu non torni. Parti. Tu hai le mani sul suo ginocchio. Tu tu tu e tu tu, tu, tu, tu e...

PUSH HERE

Partorire i figli, e le figlie. Partorire se' stessi. Salvo complicazioni. Buttare fuori le idee. Sparare idiozie e qualche intuizione. Uscire di senno, con garbo. Uscire dagli algoritmi, se studiati prima. Uscire dalle righe, se non sono parallele. Uscire la spazzatura, senza il cane. Sputare il rospo. Vomitare la delusione. Vomitare anche per la colica renale. Starnutire, per il prurito. Espirare anidride carbonica, dopo aver tenuto l'ossigeno. Far uscire l'aria viziata. Fare un giro, a largo di se' stessi, ogni tanto serve per decidere come ritornare. Push here. Life vest inside. (24 E)

BECAUSE THE NIGHT

C'era tutto stanotte: mia sorella, nuda nel letto, accanto a me. Materia diversa dalla mia. Lei non ha i miei spigoli. Mio padre e mia madre, di spalle, seduti su poltrone in pelle si analizzavano, roba da adulti. Io lavavo i piatti. Cosa che mi annoia. Come la fiaba di Cenerentola. Da sempre. Patti Smith, con scarpe di cristallo, canta ad un pubblico di soli bambini :"la notte appartiene a chi si ama". Ma anche il giorno. Io, se non vi dispiace, declino l'invito per il prossimo ballo in maschera. "Tu quando respiri fai molto rumore, sai mamma?". "Anche quando dormi". "Io invece no". Trova il tuo di rumore, Di giorno E di notte. E sogna, più di me. Mescola tutto. Più che puoi. Potessi, ti ripartorirei altre mille volte. Luce dalla finestra. È ora di andare. https://youtu.be/0XiY8fSCim8

PIN-OCCHIO (il terzo)

Da un pezzo di pino che sapeva di muschio e tabacco m'ha fatto il mio babbo. Il naso lungo mi fa difetto. È adunco e sgraziato. Da un corvo sembra copiato.  Un parto maschile mi ha generato, di notte sono stato plasmato,  in un impulso creativo ed istintivo. Una ossessione o un rovello  finiti, di certo, nello scalpello. È così che son venuto al mondo.  La materia si è scomodata e una forma è stata abbozzata. Oggi vivo, improvvisando, cercando di barattare questo legno con qualche fibra muscolare. Sulla mia corteccia, ho già capito che la Fata non è turchina, piuttosto grigia e rigidina. Mi ricatta, è presuntuosa, arrogante, irrispettosa. Mi punisce con i fatti, usa poco la parola, non mi ascolta e non pazienta. Lei ha un unico obiettivo: rispecchiarsi nel suo prodotto che sia perfetto, nessun difetto. Non le importa la mia natura, che son di legno, altra fattura. Il grillo poi è davvero limitato: divide i fatti in giusto e ...

SBOCCIOLARE GRANI

Traghetto Dakar-Ziguinchor  Ognuno ha un suo stare. Occupare uno spazio è gravitare. Tu preferisci camminare. Io, oggi, restare. Snocciolare grani di un rosario,  non significa non andare. Ci sono pesi e misure. Corpi e materia. Ma anche ombre dietro ai passi. Ci sono acqua e cielo. Esisto. Occupo uno spazio. Sono più di un pensiero.

18 SECONDI

            (Pag 11 inserto Repubblica,  oggi 30 gennaio 2020 )  Sull' inserto di Repubblica "S e mi parli, guarisco " leggo oggi che, mediamente, un medico interrompe il paziente dopo 18 secondi dall'inizio della visita. 18 secondi... Uno due tre quattro cinque sei sette otto nove dieci undici dodici tredici quattordici quindici sedici diciassette....stoooop! Ti interrompo. Sono tanti in attesa. Sì tanti. Tantissimi anche stanotte. Malanni di stagione, i giorni della merla, l'influenza è arrivata...il medico di famiglia è malato, mi fido dei PS... Torniamo a noi.. Tu? Tu cosa mi stavi dicendo in questi 18 secondi? Ma soprattutto io, io cosa ho capito? Avevi il cuore che batteva a mille e il solito nodo in gola. Col diazepam è passato, menomale... (Avresti voluto dirmi che sei al terzo matrimonio, che soffri di depressione fin dal primo, che ogni tanto piangi, cha hai iniziato un nuovo lavoro e hai paura ma, soprattutto che ha...

ADELANTE, PEDRO, CON JUICIO

Djembering, Casamance, vista oceano, novembre 2018 Shh Silenzio. Silenziare. Acqua in bocca. Non strabordare. Non esondare Non esagerare. Muta, mutare, senza anticipare. Aspettare. Pazientare. Svuotare, senza riempire. Liberare, senza misurare. Chetare. Alleggerire. Rallentare. Così, stare. Tentare.

GUASTO TECNICO

Dove sei stata fino ad ora? Viaggiavo veloce,  Su una barca a motore.  Di quelle che galoppano sull'acqua, sollevando spuma fresca e onde che senti fino a riva.  Consumavo benzina. Parecchia. Viaggiavo a pelo dell'acqua. Non ero l'unico comandante.  Facevamo a turno. Io preferivo viaggiare con la luce, però. Abbiamo portato a destinazione molti pacchi e carichi preziosi. Usavo la forza delle mani e la sicurezza di nozioni apprese sulla carta, giovane esploratrice.  Mi affidavo ad altri, più esperti del viaggio. Così credevo. Usavo navigatori preimpostati che sapevano come non farmi perdere e riportarmi a casa ogni volta, sana e salva. Poi un bel giorno ho perso la bussola. Sì, è  successa la cosa più banale. Il sistema elettrico si è inceppato (forse un virus del sistema), nessun update a disposizione e il motore si è spento. Semplicemente.  Cosi' mi sono ritrovata in mezzo al mare, ferma. Quasi ferma. Ondeggiavo, i...

RADICI, RESINA E VULCANO

Il posto da dove provengo aveva un fico vecchio, cresciuto nella fessura di un muro. Le sue foglie erano enormi e ricoperte di una resina dolcissima. Credo resista ancora. Nel paese da cui provengo, c'era una officina con quell'odore acre del ferro incandescente che viene lavorato a colpi forti e decisi. Le braccia erano quelle di mio nonno paterno e di mio zio. Mio padre non l'ho mai visto battere sull'incudine. Me ne hanno parlato, tuttavia. Da che lo ricordi io, lui ha fatto altro nella vita.  Ha preferito forgiare il pensiero. L 'odore del ferro, però, lo conosco bene. E' penetrante, coraggioso, epico, evoca nella mia mente Vulcano nella sua fucina fuligginosa a plasmare la dura materia. Quell'odore di ferro, credo sia mescolato al mio DNA. Come lo è l'odore del legno che, nel paese da cui provengo, bruciava nei camini domestici per poi invadere le vie e confondersi con la tramontana, che in Calabria sa soffiare forte e fischiettare decisa ...

YOKAY

Imbattersi nella cultura giapponese significa imbattersi nel mondo dei mostri. Creature fantastiche, giganti antropofagi, spettri nostalgici, demoni della montagna, folletti d'acqua, mostriciattoli grotteschi, creature mitologiche che vivono tra gli interstizi indefiniti della nostra immaginazione.  Esseri ibridi che generano, nello stesso momento, terrore e meraviglia, attrazione e rifiuto, paura e desiderio. Da qui il loro potere. Il loro fascino. Mi ha sempre incuriosita questa dimensione visionaria, come i lungometraggi di Miyazaki, che amo, in cui familiarizzi con queste presenze che sono dentro di noi, crescono e invecchiano con noi. Siamo noi in continuo mutamento. Il mio primo demone l'ho incontrato ai tempi dell'asilo. Era rosso e grosso. Naso lungo e "occhi color di brage", si espandeva col potere della mia fervida immaginazione, sapeva essere spietato, mai compassionevole, se ne stava sotto al letto e all'angolo destro del soffitto. Si...

CINQUE DONNE, CINQUE AMICHE

1) Barbara Don Chisciotte della Mancia. Sono don Chisciotte, e la mia professione è quella di cavaliere. Le mie leggi sono sciogliere i torti, elargire il bene ed evitare il male Ti ho conosciuta davanti alle macchinette del caffè. In una pausa a fine giro visite in reparto. Eravamo entrambe specializzande. Giovani e belle. Vive ed affamate di vita. Fuori era luglio. Le piante davanti alla clinica di un verde ostentato, deciso, senza sbavature, la luce vitale (e la sentivamo tutta), il cielo azzurro azzurro, in perfetto contrasto con il giallo Camel dei vecchi padiglioni dell'ospedale. Gia' allora (sono passati 11 anni) eri occhi vivi ed anima di bimba e portavi in giro la vita così come si porta un soprabito di buon manufatto, libero, leggero, slacciato. I tuoi colori sono azzardati e le tue tinte decise. Non ci sono mezze misure. Mi colpirono subito la tua gentilezza e la tua bellezza. Pulite. Acqua fresca sul viso. "Prego, è  arrivata prima lei" dice...

CHIAMAMI COL MIO NOME

È importante dare un nome alle cose, chiamarle con il proprio nome. Si sa che, nominandole (le cose), vengono alla presenza; un po' come alitare sul vetro dove avevi appena disegnato con le dita. Dare un nome alle cose significa possedere qualcosa che, fino a un momento prima, non ti apparteneva. Un dilatarsi, per contenere. Un tentativo, tutto umano, di controllare l'ignoto. Un atto di coraggio che, tuttavia, ci fa fare i conti con la nostra vulnerabilità. Nel momento in cui "chiamiamo le cose col loro nome", si compie una trasfigurazione: l'incognito passa attraverso il filtro con cui setacciamo il mondo e lascia impigliata, nella rete, un nugulo di lettere. Lettere che, nella loro unica combinazione, arrivano a configurare una diagnosi. Dia-gnosi: "conoscere attraverso" appunto. " Una buona diagnosi è frutto di una attenta anamnesi e di una solida conoscenza" mi dicevano ai tempi dell'università. Non scordarmelo è l'antid...

IL MIO CANTO DELLE SIRENE

Il mare si placa. La nave ondeggia, ma solo un poco. L'antro è stretto e l'acustica e' perfetta. Non sei bella, sai, Sirena, hai voce stridula e spezzata. Il tuo canto non mi inganna. È un terribile lamento, una lagna senza tempo. Senza ritmica,  né misura. Io direi anche scontata, già  sentita, già  postata. Sei brutta e pure un po' pelosa. Hai sguardo spento. Sei noiosa. Rughe strette sulla pinna e le labbra son rifatte. Non mi inganni. Stanne certa. Non legatemi sul palo, Non tappatemi le orecchie. Voglio stare ritta e spoglia come l'albero maestro, guardare a prua e pure a poppa, a  babordo ed in coperta. Non legarmi, lo sai che è peggio. Quando mi svincolo, poi vaneggio. Io ti ascolto, Sirenetta, non ho timore del tuo parlare. Il pensiero mi si è alleato ed il cuore è  incorporato. Ho soltanto un po' paura di quel che tu mi rappresenti. Ed è per questo che ti figuro a contenuti evanescenti. Dimmi allora vecchia arpia "...

QUESTIONE DI PROBABILITÀ E PIANI

Quante sono le probabili combinazioni di un incontro? Poco più che infinite. Direi. Quante le probabilità che le tue molecole interagiscano al meglio con le mie (piuttosto che con quelle di chiunque altro)? Azzarderei un modesto e realistico 5% . E se quell'incontro (quello per cui le molecole interagivano al meglio) ci fosse già stato, ma noi eravamo troppo presi da altro per capire che stavamo giocando col destino? In tal evenienza, la probabilità e' un numero negativo. E se pure ci incontrassimo ma lo facessimo con quella dannata proiezione ideale che abbiamo di noi stessi (e degli altri)? In tal caso la probabilità di trovarsi si avvicina drasticamente allo 0. Ho trovato: io avanzo nella fase crescente della mia parabola esistenziale mentre tu procedi in quella calante (o viceversa) piu' o meno come facciamo ora (a giorni alterni), ecco allora la probabilità di trovarci c'è. Ed è un punto. Ben preciso. Si. Giusto. Perfetto. Allora avvis...

ANATOMIA DI UN SENTIRE

L'ho sentita tutta la tua tristezza, oggi. Era liquida e molle. Mi gocciolava fredda sulla schiena. Filtrava lenta e pesante. Mi ha inzuppata, come succede con certe spugne porose e cedevoli. Alla fine, ero tre volte il mio peso. L'ho sentita tutta la tua delusione. L'ho toccata con l'indice della mano destra. Millimetro per millimetro. Era di acciaio. Asciutta e grigio chiaro. Una lama affilata che, incidendo, brucia solo un po'. È  dopo che ho capito quanto netta, precisa e profonda fosse l'incisione. L' ho sentita tutta la tua frustrazione. Si amplificava sulle papille e scendeva nell'esofago. Acido. Misto ad agrodolce. Vomitevole ed indigesta. Un reflusso continuo che irrita senza pace. L'ho sentita tutta la tua dignità ferita. Il tuo amor proprio improvvisamente  amputato di entrambe le gambe. Dimezzato, o poco più. Strideva, scricchiolava e cigolava fastidiosamente. Unghie affilate che raschiano sull'ardesia. So...

PER CHI SUONA LA CAMPANA

Dom dom dom Le campane suonano meste e richiamano i viventi ad una cerimonia commemorativa per qualcun altro che ha tolto il disturbo. Direi alla chiesa della Madonna del Carmine, no forse il suono arriva direttamente dal Duomo... Uomo o donna? Giovane o vecchio? Morte naturale o " quel male incurabile" se l'è  portato via? Facevo il giornalista per una testata nazionale, io lo scrittore: le biografie erano il mio forte. Io ero l'edicolante all'angolo, io facevo il pane più buono di tutta la città, usavo il lievito madre.  Io costruivo case: mattone su mattone, calce e acqua; le mie mani sono tagliate dal freddo. Io vendevo la verdura in piazza del mercato, sciarpa, berretto e baffi folti. Io ero professore. Giravo tra i colonnati dell' Università Centrale, ero quello col palto' scuro, irrigidito dall'artrosi, guanti mogano,  in pelle e i quotidiani sempre sotto al braccio destro. Attraversavo spesso il cortile delle magnolie per dirige...

PORTO PIDOCCHIO

Tutti abbiamo un posto dell'anima. Il mio e' un porto piccolo piccolo, cos ì  piccolo che si è fatto chiamare "pidocchio"(o pigheuggio, come dicono gli autoctoni). Un minuscolo angolo,parassita di bellezza, che di bellezza si nutre. Un anfratto di roccia bruna dove il mare sciaborda e schiuma con più convinzione ed il vento è più denso di sale che altrove; dove i contrasti sono ossimori scanzonanti, puri e sfrontati. È tra i porti più piccoli al mondo,dove attracca una barca alla volta,dove non c'è un faro, né una capitaneria di porto, ma soltanto reti da pesca stese al sole ad asciugare e minuscole case di pescatori diroccate e disabitate. Qui,la sera,i pesci si radunano a parlare,le streghe accendono fuochi a nord e dal mare, innumerevoli, si levano le preghiere degli uomini. Qui la notte scende per davvero per chi è in viaggio e la Madonna, sulla punta del promontorio, protegge ancora i naviganti, mentre le lampare, chiedono misericordia, prima che spu...

ANDAVO PER NUVOLE E ONDE: DAIMON

Cosa ci accomuna, amica? Io vivo di immagini. Trasformo la luce in energia. Sento il mondo attraverso una fessura, che apro e chiudo a mio piacimento e coi miei ritmi. Domino il tempo, la luce e la profondità. Fermo tutto in un attimo e lo fisso per sempre. Sono muta e sorda. Destinata a vivere di silenzi. Vedo simmetrie, dove altri vedono righe E profondità dove altri vedono distanze. Mi si svela il giallo Il rosso mi viene addosso Nel blu, spesso, inciampo Nel verde godo, mentre i grigi mi posseggono. I contrasti mi animano e la tristezza, prima di tutti, io vedo. Vedo ombre e fantasmi. E l'attimo prima che tutto accada. Ho una macchina fotografica. Una prospettiva e mi chiamo Anna. Io vivo di fantasia. Non vedo bene da lontano, e neanche da vicino, mi si sfuoca tutto. I dettagli non sono nitidi, se non nella mia mente. Amo la erre per come ruota, La esse per come scende Le parole sono i miei potenti  demoni. Evoco E Transito Svuoto e riempio ...

5x5 MILLIMETRI

Non farti troppe domande se mi capita di uscire dalle righe, o non sapere più neanche cosa sono,  perché il mio mondo si è fatto, improvvisamente,a quadretti. La risposta di tutto ciò sta in una improbabile combinazione genetica, frammista a blandi processi di apprendimento, di cui siamo, nostro malgrado, il risultato. Parc Güell, Barcellona (ottobre 2019) 

LA TOSSE

Le immagini scorrono dietro al finestrino del treno. Finalmente è "direzione mare". Ripenso a quando ero piccina e adoravo quel lungo viaggio verso il sud. "Attraversiamo tutto lo stivale!" Mi dicevano e non si arrivava mai! Ma già allora, io piccina, amavo profondamente quel treno che mi portava verso il mare e seguivo, ossessiva, i fili della corrente da dietro il vetro, per calcolare ogni quanto si interrompevano per l'incontro con un pilone. "Uno, due, tre, quattro, dieci secondi, ora quindici, ora venti secondi! Attenzione! attenzione! Signori, è record!" Anche oggi scorrono veloci e indistinte le immagini oltre il finestrino che ha impressi i segni dell'ultima pioggia, i dettagli sfuggono, i colori si mescolano e le forme si confondono ma è un piacere intenso questo sguardo d'insieme. Metafora della vita, probabilmente: inutile fermare il treno per guardare il singolo dettaglio che, visto da vicino, tutto perde in armonia, bellezza e st...

GUARDANDO A-FO-RIS-MA-NA

Aforismana. A-fo-ris-mà-na sost.femm,usato per indicare la transazione della materia dallo stato aereo allo stato liquido. Più specificatamente: -lo stato aereo sono i pensieri (dell'autrice Barbarah Guglielmana) -il liquido e' l'inchiostro.  Sì, questo sono gli aforismana: un pensiero, un incubo, una paura, un sogno, un desiderio, un'idea, un ideale, una proiezione, una negazione, una amplificazione...Insomma un fecondo caos interiore che dal mondo da cui proviene (che si chiami iperuranio o inconscio, poco importa) scende (o sale) sulla carta, prendendo forma. È in quella trasfigurazione che il caos si fa kosmos, ordine. L'ordine di una linea decisa, semplice, schietta, pulita, senza sbavatura alcuna. Una pennellata d' inchiostro, tracciata, il più delle volte, con un unico gesto, senza possibilità di cambiamento o correzione che definisce, per sempre, in quel preciso momento, lo slancio creativo dell'artista. E così c'è l'ometto inquieto ...