È importante dare un nome alle cose, chiamarle con il proprio nome.
Si sa che, nominandole (le cose), vengono alla presenza; un po' come alitare sul vetro dove avevi appena disegnato con le dita.
Dare un nome alle cose significa possedere qualcosa che, fino a un momento prima, non ti apparteneva.
Un dilatarsi, per contenere.
Un tentativo, tutto umano, di controllare l'ignoto.
Un atto di coraggio che, tuttavia, ci fa fare i conti con la nostra vulnerabilità.
Nel momento in cui "chiamiamo le cose col loro nome", si compie una trasfigurazione: l'incognito passa attraverso il filtro con cui setacciamo il mondo e lascia impigliata, nella rete, un nugulo di lettere. Lettere che, nella loro unica combinazione, arrivano a configurare una diagnosi.
Dia-gnosi: "conoscere attraverso" appunto.
"Una buona diagnosi è frutto di una attenta anamnesi e di una solida conoscenza" mi dicevano ai tempi dell'università.
Non scordarmelo è l'antidoto che tiene viva la passione.
È importante allora analizzare cio' che ci circonda e analizzarsi, ripercorrere le storie altrui (per quanto concesso) e la propria, nei segni (visibili) e nei sintomi (non visibili, ma non meno pesanti) cosi da dare un nome a quello che succede e ci succede.
Solo se do' un nome al mio sentire, posso familiarizzare con esso e farne memoria, solo se chiamo la mia solitudine posso comprendere quella altrui, sole se nomino le mie paure, posso codificare le tue.
Chiamare le cose col loro nome ci consente di contenere le esperienze, lasciare si depositino, farne tesoro.
Si sa che, nominandole (le cose), vengono alla presenza; un po' come alitare sul vetro dove avevi appena disegnato con le dita.
Dare un nome alle cose significa possedere qualcosa che, fino a un momento prima, non ti apparteneva.
Un dilatarsi, per contenere.
Un tentativo, tutto umano, di controllare l'ignoto.
Un atto di coraggio che, tuttavia, ci fa fare i conti con la nostra vulnerabilità.
Nel momento in cui "chiamiamo le cose col loro nome", si compie una trasfigurazione: l'incognito passa attraverso il filtro con cui setacciamo il mondo e lascia impigliata, nella rete, un nugulo di lettere. Lettere che, nella loro unica combinazione, arrivano a configurare una diagnosi.
Dia-gnosi: "conoscere attraverso" appunto.
"Una buona diagnosi è frutto di una attenta anamnesi e di una solida conoscenza" mi dicevano ai tempi dell'università.
Non scordarmelo è l'antidoto che tiene viva la passione.
È importante allora analizzare cio' che ci circonda e analizzarsi, ripercorrere le storie altrui (per quanto concesso) e la propria, nei segni (visibili) e nei sintomi (non visibili, ma non meno pesanti) cosi da dare un nome a quello che succede e ci succede.
Solo se do' un nome al mio sentire, posso familiarizzare con esso e farne memoria, solo se chiamo la mia solitudine posso comprendere quella altrui, sole se nomino le mie paure, posso codificare le tue.
Chiamare le cose col loro nome ci consente di contenere le esperienze, lasciare si depositino, farne tesoro.
![]() |
(Ceramiche ad Ostuni. Scattata nell' agosto 2019) |