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Visualizzazione dei post da 2022

Era di Novembre

Jack intanto se ne è andato.  Zitto zitto è partito, in una notte di stelle ruvide, densa come il catrame e buia come la bocca di un orso. A bordo di un transatlantico ha raggiunto l'Oriente. Gli ribolliva mosto bruno nelle vene ed un caimano gli mordeva il cuore. Ha portato con sé solo del burro di arachidi, una foto sgualcita ed una manciata di tabacco, acre come l'odore della pelle quando è ancora giovane. Ha camminato Jack.  Ha ingoiato così tanta polvere che ora la sua anima è un calco perfetto e il suo corpo soltanto un involucro vuoto. Ha fatto fatica Jack. Quando il sole picchiava duro e il sudore era l'unica acqua che gli restava sulla lingua riarsa. Ha avuto fame Jack. E sete. E sonno. E paura. E freddo. Ha dormito coi topi, gli scarafaggi ed i serpenti, mentre due tarme si facevano strada dentro di lui, creando cunicoli in cui rimbombavano ricordi e poesie. Ha offerto tabacco ad una vecchia rugosa che, in cambio, gli ha più volte benedetto la via. Ha

Alle 9 del mattino

Alle 9 del mattino una foglia gialla mi trafigge. Il mio petto interrompe la sua caduta al suolo.  Chiede di farsi cullare in una ninnananna silenziosa solo mia e sua. Immobile resta, ad occhi chiusi, schiacciata tra il vento ed il mio incedere veloce, nonostante tutto, qui attorno, implori lentezza. Alle 9 del mattino sei volatili partono, in assetto di guerra, sorvolando i tetti bruni.  Il cielo è un bianco foglio, steso sopra le nostre teste, di carbone hanno, invece, loro le ali. S'agitano dentro alla mia gabbia toracica, per il breve tempo del loro passaggio e subito volano via. Ma ormai è bucato il velo del quotidiano. Alle 9 del mattino l'uva americana rampica per un grigio muro scrostato, esplode in un eccesso di carminio, amaranto e borgogna.  Odora di vinaccia e di sangria in mezzo a treni rumorosi, macchine e persone delle 9 del mattino. Alle 9 del mattino  fumano comignoli lenti, in una volta priva di nuvole.  Tepori aereiformi salgono da pire interiori, anticipando

Controvento

Ho una finestra che dà sull'Arancione. Le antenne, come esili grù, stanno sui tetti d'ambra.  Hanno occhi attenti e becco puntato a nord. Lo sanno che i predatori sono in agguato, fanno buche dentro al cuore e attaccano,  quando meno te lo aspetti. Il cielo timidamente s'azzurra. Uno strappo di turchese squarcia il lenzuolo del fantasma che tutti indossiamo. Distrae, cerca di far sorridere, fa il clown, come un figlio che non tollera le lacrime di una madre. Ognuno va per la sua via.  Timidamente avanza, per come può,  chiedendo conforto ad amici interiori. Bisogna avanzare cauti, portare rispetto verso il viaggio che ciascuno sta compiendo,  sostare sull'uscio se non ti è dato il permesso di entrare,  imparare la leggerezza della gatta, e la delicatezza del soffiatore di vetro, che le cose, sai, si rompono per molto poco! La gioia può aprire voragini di tristezza,  se hai l'anima sensibile . E l'a

ZÙCCARO e SALE

Sgorga, da un demone ancor più inclemente, "Zuccaro e Sale".  Bonifica delle radici.  Un popolo si muove nella testa e morti abitano un cimitero interiore. Spiriti buoni alitano sul collo ed avi premurosi mi tengono in seno. Il racconto di una vita può essere più importante della vita stessa. "Zuccaro e Sale".  Casa editrice " il filo di Arianna"  Prefazione: Barbara Colombotto Rosso. Da oggi disponibile nelle librerie ed on- line. È settembre, 2022. Amen.

What else?

Ho silenzi profondissimi ed Improvvisi. Come aliti di vento spengono fiamme tremule, regalandomi alla potenza della penombra . Ho paure aggrappate al cuore con mani di bimba.  Se ne stanno lì, a penzoloni su un burrone di spaventose  possibilità . Ho sospiri lenti e fondi che dettano un ritmo a ciò che ancora non ha forma dentro di me eppure chiede di danzare . Non temere i miei vuoti, in quelle sere, l'aria si muove più forte ed una scintilla potrebbe divampare, scaldando . Ho bisogno di altri svelamenti e di sbucciare ancora la cipolla viola e sentire quanto è dolce e nauseante. Ho bisogno dell'imperfezione di muri che sgocciolano al calar del sole.  Ho bisogno di parole, ma ancor di più della solidarietà di un silenzio buono in cui concederci il lusso di entrare. È dove ho più incertezze che mi ritrovo perché lì posso sostare, senza giudizio e compiere atti di umiltà e di libertà. Lì riesco a stupirmi. Creare il vuoto dentro significa fare spazio.  What else?

TIP TAP

Rivoli sui tetti. Shhhh. Senti come Scivola. Ora ho due pozzanghere nel torace. Sgocciolo. Le campanule si fanno croccanti. Saranno buone per il pranzo. Un dardo liquido mi trapassa l'ombelico. Reo, scorre. L'acqua scopre vecchi intonaci sulle mie pareti, colandomi dentro. Cosa è successo? Ci sono territori in cui bisogna cambiare forma per potervi accedere. Balla il tip tap in minuscole scarpe, la Pioggia.    Ph scattata in Corso Garibaldi, qualche tempo fa.

Che terribile banalità!

Oggi ho incontrato un corpo.  Un corpo e un dolore.  Un corpo, un dolore e una morte. Coinquilini affiatati. In alcuni giorni capita, più che in altri. Il rigor mortis lo hai scambiato per una carezza vigorosa. "Mi stringe, lo vede anche lei?" (Certo che vedo) "Io qui sto bene, qui voglio restare, per sempre"  (Accanto ad un corpo morto,  per sempre). Ripercorrevi i suoi tatuaggi, la legion d'onore sul bicipite destro. Lui, un City Angel, dicevi. Come la baciavi quella pelle! (Chissà se l'accarezzavi così, le altre volte?)  Ormai è di cera. Lui, nel mentre, cambiava colore ed espressione; si detendeva, lasciava andare ogni tensione, anche quelle che solo l'amore ti fa conoscere, distendeva le rughe del volto e i solchi dell'anima. Lasciava andare tutto.  Io restavo inerme. Ignoravo tutto di voi. L'anamnesi esistenziale, di solito, non si indaga. Una bolla silenziosa, intanto, decideva di inghiottirci. Come un pesce, i sensi mi si spostavano nello

Senza Sussurri

Lacrime. Resina di pino. Ho chiesto al mare di mostrarmi il suo mistero. Ma tu, mare, saresti lo stesso senza l'uomo ad accogliere la tua inquietudine? Ti agiteresti comunque, inciamperesti in onde fruscianti, saporose di vita? Sai amico, temo di no. Allora rotolati pure ed agita la mia anima in ascolto di te.  Naufragami alla deriva di me stessa. Il cielo lampeggia  oltre l'orizzonte stipato di salsedine. Che fai? È notte fonda! Gli umani dell'emisfero boreale dormono, stolto! Chi pensi si curi di te e dei tuoi spettacoli, cabaret d'autore? Poesie silenziose, le tue, sulla nera lavagna di stelle tremule e timorose.  Mi spaventa la tua audacia, lo sai? Ma sia. Sia. Ombrelloni chiusi restano, nella notte blu cobalto. Paiono missili pronti al lancio, traiettorie che trapassano un cielo di carne. Restate, vi prego, come spaventapasseri infilzati in quel campo di girasoli che è il mio cuore. Un mistero enorme ci avvolge, mentre la notte abbraccia le stelle, amandole, senza

Colonne d'Ercole e tabù

Che fine ha fatto Jack? Jack è alle prese con la sua pagina bianca.  Cotone e latte. È alle prese col mare di mezzogiorno, quando l'acqua si fa oro e cola nell'iride, accecando. La bottiglia del gin è vuota, ma Jack non sente più il bisogno di riempirla, perché ormai ha scoperto il profumo del ginepro. Jack si è fatto cactus.  Versate tutte le lacrime che aveva in corpo, ora vive in un deserto sacro.  Sa che poche gocce sono quelle che danno vita. Sorride senza pretese. Ormai la sua pelle profuma di aloe. È più pianta che uomo. Si chiede ancora perché gli uccelli non cadano e sogna ancora di avere le ossa del rapace ed i pensieri del paguro, ma ormai ha capito che il vuoto non è uno spazio da riempire a tutti i costi e  che il silenzio è la scenografia delle esibizioni più belle. Il rumore non fa più per lui, né la voce alta, non la rabbia, non l'indifferenza, neppure gli spazi limitati. Vuole ascoltare, più che essere ascoltato e seminare più che raccogliere. Per questo ha

Fiori recisi. Estirpate dal vento. Madri con figlie

Oggi, per la prima volta esco con un pezzo non mio, ma di una persona che sa scavarmi dentro come pochi, pur essendoci viste una volta.  Una soltanto. Il mio grazie a Barbara Colombotto Rosso che sa trapassarmi, ogni volta. Che cosa sono gli Aforismana di Barbarah Katia Guglielmana, coautrice di Tributo Naturale (Univers Edizioni, 2021) insieme ad Ilaria Francesca Martino?  Sono una sorta di divertissement al rovescio, anziché distrarre l’uomo dai propri problemi esistenziali, secondo il significato filosofico dato al termine da Blaise Pascal, lo avvicinano, lo inducono alla riflessione, lo provocano con grazia, una specie di gentile irriverenza.        Sono un gomitolo, nero o rosso, che si dipana sotto lo slancio vitale ed impulsivo della loro creatrice, assumendo la forma di un esile personaggio, forte come un giunco, che richiama alla memoria i disegni infantili con le loro crude, ma rassicuranti verità, oppure quegli efficacissimi disegni rupestri con i quali gli uomini primitivi

Note di Luna

Parlami delle tue vene. Dei tuoi letarghi. Delle tue maree. Dei tuoi naufragi. Parlami della tua bellezza e poi fanne perlage d'oro da appoggiare sulla mia lingua. Parlami della morte e della possibilità di una resurrezione. Dammi una pietra da spostare sul sepolcro ed un bouquet di gelsomini blu. E rose. Dammi rose d'ogni colore per abbellire il mio giardino, nei giorni dell'inverno. E la mentuccia E il cardamomo. Dammi uno spicchio di te, amaca di cellule,  per cullare il mio cuore di carne tremula. Dammi i gabbiani e la pace. Raccontami la tua storia. Parlami degli svincoli, a luci spente,  e delle gallerie scavate dentro alle tue montagne di alluminio e magnesio. Parlami delle frane che hanno generato i crateri dove oggi custodisci l'acqua per nutrire i tuoi girini. Parlami di tua madre e delle sue mani di perla, soprattutto di quelle e di tuo padre e dei suoi capelli di vento, soprattutto di questo. Parlami dell'uovo che ti ha contenuto. Guscio di stelle.

DATTERI D'ESTATE

Dove va a dormire la rondinella dopo aver osannato con gemiti d'amore la vita? Esausta, Dove troverà riparo? Fai un nido qui, tra le mie scapole, piccolina, Rallenterò i battiti per cullarti come meriti e farò silenzio tra miei pensieri di burro per proteggere il tuo cuore di piume. Gracidano le prime cicale su invisibili balere di cemento, l'aria odora di fiume e di conchiglie. La felicità è l'idea che il fiume ha del mare. I chiari di luna, da questo fulvo balcone di tegole, lo fanno sentire più vicino, quel mare. S'agitano flussi e si gonfiano maree dentro al mio petto chiglia di nave. Ho messo sulla mia lingua datteri dolcissimi, senza Natale, né luci d'abeti, una sera d'estate che scioglieva l'anima in goccioline di rugiada. Ho sentito un sole antico generarmi una nuova ruga, qui dentro alla pancia. E in quel solco ho piantato un seme viola. Prenderò una tachipirina, stasera, per domare il fuoco che mi fa sentire la voce del filo d'e

Per essere felice

Per essere felice  potrebbe bastarmi un cavedio affacciato sul cielo e quella nuvola arrogante al sapore di meringa e latte di mandorle. Mi si scioglie sulla lingua. E di ogni cosa sento l'esatta consistenza. Per essere felice  potrebbe bastarmi l'attimo in cui il cormorano plana sull'acqua, increspandola appena.  Che desiderio di apprenderne l'eleganza! Per sempre. Per essere felice, potrebbe bastare proteggermi da chi non conosce la Pietas e ignora il concetto delle possibilità buone, quelle che non hanno intenzione di ferire nessuno. Ci sono cose che, ormai, non mi appartengono più.  Aquilone senza filo, mi ammaina il vento. Per essere felice credo mi bastino poche parole gentili, pronunciate senza fretta e con garbo. E una carezza,  ora che finalmente so di quanti strati è fatta la mia pelle. Per essere felice potrebbe bastare  guardarmi dentro e respirarmi piano,  senza più paura di quello che sento. Oboe d'amour.  Di palissandro mi si fanno le ossa. Per essere

Quando è troppo

Spogliarmi di tutti i miei germogli. Non mi è facile. Ma, soprattutto, non è quello che voglio. Un anomalo inverno ha colmato di troppi frutti la mia chioma. Ora penzolano sui miei rami quelle gemme, succose e profumate. Ne sento tutto il peso, flettono le mie fronde, mi incurvano.  Faccio più rumore quando soffia il vento e i bimbi hanno più paura dei sibili che si generano dentro di me. Un ramo potrebbe caderti addosso, tanto è pieno, e farti male. Spostati, Se temi la Primavera. Io ho bisogno di continuare a fiorire.   ph scattata lungo il fiume

COLIBRÌ NEL CUORE

Maneggiatemi con cura Ho una fragilità costituzionale. Un colibrì ha fatto un nido dentro al mio petto e non se ne vuole più andare. Sento freddo, anche d'estate.  E il vento mi spezza in mille frantumi, quando si alza da nord. Ho millemillenni sulla pelle. Li sento tutti,  per questo ho bisogno di estrema delicatezza, altrimenti lascia stare. Maneggiatemi con cura. Non credo di aver mai fatto del male a nessuno e nessuno me ne ha fatto, deliberatamente, eppure mi sono rotta dentro, silenziosamente, tante volte, senza che nessuno se ne accorgesse. E ogni volta, il tempo di riparazione è stato sproporzionatamente troppo lungo rispetto alla frattura. Maneggiatemi con cura.  I tramonti durano di più, da queste parti, e le albe arrivano sempre troppo presto.  Per questo dormo poco. Maneggiatemi con cura.  Maneggiamoci con cura. La pelle è un luogo troppo sacro e il cuore un antro aperto alle correnti della vita. Vanno protetti con tenacia. Siamo i millenni che ci hanno preceduti. Dentr

IL REGNO DI SOTTOPELLE

https://youtu.be/KHDeSMxpvEo

YUGEN

Non avevo grasso attaccato alle ossa. Incapace di morbidi abbracci, mi sono dovuta liquefare in acqua e zucchero, per dimostrare l'amore. Onnipotenza delle madri, paradosso dei secoli. Eterne mancanze il seno ed un grembo. Laboratori di creatività. Esco di prigione,  ho espiato le mie colpe. Infranta la legge dei padri, trafitto Narciso, in fiamme i bastioni. Terminato è l'assedio. Si è aperto il varco verso l'ignoto. Mirra, ambra e gelsomino. Abitante di questa terra, non più aliena, chiedo ospitalità. Vestale del mio fuoco sacro, Aedo della mia storia, ormai narrazione. Ho stretto vincoli di pace con lo Straniero,  nella temporalità dell'esistenza e accolto il ciclo della vita, nuovamente vergine nel mio immacolato desiderio. Intanto, è l'equinozio di Primavera nel ventre della magnolia.  Millenni di rivoluzioni celesti ed orbite gravitazionali si danno appuntamento lì. E dentro di me.      ph 21/03/22

Psicopatologia del cosmo.

I vulcani eruttano la rabbia delle viscere terrestri. Ribellione alle regole del cielo. Il mare culla la sua energia vitale. Lo fa in maniera  ossessiva. Il vento probabilmente soffre di dromomania. Nota anche come nevrosi da vagabondaggio. La madre terra si fa in quattro . Ed ecco il terremoto. Potenti le tensioni interne, quando affiorano! Cambiano paesaggi. Talora distruggono. L'arcobaleno è probabilmente il tentativo estremo di ricomporre una ferita . (Quella della molecola d'acqua, tagliata dal sole). Fenomeno anche noto con il nome di delirio . L'alba è narcisismo puro. Il tramonto è un lutto , sublimato in creatività. L'uragano è antisociale . L'alta marea sta pensando al suicidio . Non ha più lacrime. Versate tutte. I fulmini sono epilessia del cielo, eccesso di stress. Disturbo di conversione . I ghiacciai si stanno sciogliendo, È una questione di melanconia . Energie fluiscono di continuo tra la terra ed il cielo ed anche dentro di noi.