Ho una finestra che dà sull'Arancione.
Le antenne, come esili grù, stanno sui tetti d'ambra.
Hanno occhi attenti e becco puntato a nord.
Lo sanno che i predatori sono in agguato, fanno buche dentro al cuore e attaccano,
quando meno te lo aspetti.
Il cielo timidamente s'azzurra.
Uno strappo di turchese squarcia il lenzuolo del fantasma che tutti indossiamo.
Distrae, cerca di far sorridere, fa il clown,
come un figlio che non tollera le lacrime di una madre.
Ognuno va per la sua via.
Timidamente avanza,
per come può,
chiedendo conforto ad amici interiori.
Bisogna avanzare cauti,
portare rispetto verso il viaggio che ciascuno sta compiendo,
sostare sull'uscio se non ti è dato il permesso di entrare,
imparare la leggerezza della gatta,
e la delicatezza del soffiatore di vetro,
che le cose, sai, si rompono per molto poco!
La gioia può aprire voragini di tristezza,
se hai l'anima sensibile.
E l'amarezza di ciò che hai perduto, renderti solo più consapevole di ciò che non era.
Suona ancora per me, riccioli d'oro,
e danzerò sulla melodia di morbide note di velluto, volteggiando lieve, su un pentagramma di righe immense,
come è l'attimo che abbiamo deciso di abitare.
Aspettiamoci controvento.
L'aria odorerà di neroli e di ginepro e noi ci riconosceremo.
L'istinto, ora, ha cicatrici sulla pelle e nelle narici
ed io
Ne tengo conto.