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Visualizzazione dei post da maggio, 2020

FIORE DI CACTUS. BOLI DI CAFFEINA

Intanto il fiore del cactus è fiorito.  L'ho aspettato tanto e lui, invece, ha deciso di fiorire nel giorno della mia partenza. Non si è mostrato a me.  Ha deciso così.  Ed io ho dovuto accettarlo. Ha scelto di essere bello per sé stesso, non perché io lo potessi ammirare. Lui e' fiorito giusto per il tempo di un tramonto.  Era magnifico Pieno. Succulento. Aveva succhiato tutta l'acqua agli aghi sottili nei giorni di magra ed ora esplodeva evaporando bellezza da tutti i pori. In lui, tutte le declinazioni del rosso: scarlatto, vermiglione, cinabro, corallo, cremisi, una punta di amaranto e venature color porpora. No, non l'ho visto, ma così me lo sono immaginato, da sveglia come nei sogni in cui lo andavo sempre a guardare. Quando io sono corsa a vederlo, invece, lui se ne stava lì, sfinito da sé stesso e dal suo medesimo incanto. Stava giù, come la lancia di don Chisciotte dopo i mulini, come il pugile steso sul ring col naso rotto, come il palloncino sgonfio e la gomm

BUONA LA PRIMA. SWALLOW SHOWTIME

In questi giorni mi sono fermata a guardare le rondini, ammaliata. In certi giorni le ho viste indossare lo smoking con superbia sfrenata, a sfidare il vento e le sue leggi, con arroganza ed impeto. In quei giorni sono rimasta col naso all'insù. Altri giorni il loro stridio lacerante mi ha spaventata: streghe maligne, nere e carboniche scendevano dal cielo in picchiata, su scope invisibili, a spaventare gli uomini e a confondere la loro voglia di primavera. In quei giorni ho pensato alla fine e all'inizio di ogni cosa. Altri giorni erano un nugolo di bimbi felici, all'uscita della scuola, deficit di attenzione ed iperattività, correvano a perdifiato con la cartella per aria e la voglia di vivere e studiare questa vita con i loro, di ritmi. In quei giorni, mi sono sentita rondine. Mi svegliavano all'alba e mi salutavano al rientro. Ma quante albe e quanti rientri abbiamo già avuto? L' alba, oggi, per me ha l'odore del caffè alla cicoria, ed è

SPiCCIOLI DI DESIDERI

Attrito: dissipazione di energia che non si conserva. Muscoli in azione, pensieri in flesso estensione. L' acido lattico a me si accumula negli orbicolari. Le molecole, opponendosi, si scaldano. I corpi lo fanno, abbracciandosi. Oscillo come un pendolo per capire quanto  dura un mio giorno siderale. Interpreto i miei atti mancati. Cedo alle compulsioni della bellezza, in astinenza continua. Mi cerco interpretando l'acqua tremula sul fondo del mio pozzo. Ieri ho comprato dell'intimo in pizzo san gallo e vi ho rivestito l'anima e le uova d'oro. Ma dove sta la felicità? Mi viene la vertigine ogni volta. A volte mi espando così tanto che ho paura di perdermi. Rotolo via come la biglia che un bimbo ha perso giù per la discesa dei suoi giochi. A volte, invece, mi faccio così piccola ma così piccola che un fringuello potrebbe prendermi col becco e portarmi via, senza muovere un filo d'erba.  Ho infiniti spiccioli di desideri nelle t

IO, MORFEO E IL GIN INVECCHIATO

Poi, un giorno, l’incendio su quel campo si è spento. La fuliggine e la cenere si sono depositate e hanno nutrito la terra che ha prodotto un vino assai pregiato. E’ un calice sapido, dai riflessi saturnini e odora di pietra mineraria. Un perlage finissimo e complesso lo caratterizza in una miriade di microbollicine in rapida ascesa verso l’iperuranio. Ha il sapore delle rocce fuse perchè la vite ha dovuto affondare le sue radici in profondità per potersi scaldare un pò, durante le gelate notturne. La terra bruciata ha l’odore del nero.  Ogni colore ha un suo odore e l’odore del nero è l’odore del bruciato. Quando lo respiri, ti si incatramano le narici e le pupille. Entrandoti dentro, quell’odore di nero, fa il calco della tua anima, ma solo se lo respiri a fondo.  Potessi poi aprirti in due, senza romperti in mille pezzi, tireresti fuori il calco della tua anima e lo ammireresti come pezzo unico di collezione, nella bacheca, non allarmata, del tuo museo. Su quel te

La forma dell'acqua

Mi sono fermata col desiderio di ascoltarti. C'eravamo solo io, i cormorani senza maschera e la signora coi gerani multicolori, nella busta di plastica.  La signora si è seduta vicino a me, nell'attimo in cui il lampione dell'imbarcadero disegnava la sua musa sulla tela d'acqua con l'intento di corteggiarsela poi, stanotte. Io e la signora coi gerani abbiamo parlato delle barche, dei negozi di vestiti che forse riaprono, delle case del borgo che, in alcuni giorni dell'anno, fanno il bagno e se ne stanno a guardare i pesci e le primule sul fondale del fiume. La cupola del Duomo a me, da lì, pareva un vulcano spento. Aspettavamo le gocce io e la signora dei gerani multicolor. Anche i gerani aspettavano. Anche la busta di plastica. Le rondini volavano basse, effettivamente. E allora siamo state ancora così, un altro po'. A volte temo, come una lucciola in un bicchiere, che una tua goccia possa farmi annegare. Senza ghiaccio, ma

NATURAL TRIBUTE

Ogni viaggio nel mondo inizia da “il viaggio dentro sè stessi”. Cerco le mie radici e le trovo in un’edera rampicante che come la pianta di fagioli magici vuole vedere cosa c’è oltre le nuvole. Guardo la mia ombra, la guardo tutte le sere, al calar del sole, mi fa compagnia, di giorno come di notte, con la febbre come con il raffreddore, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finchè morte non ci separi, tra l'aroma della bianca dipladenia. Dicono che ho angoli, nel corpo come nella mente, ecco perchè mi cerco nelle luce spigolosa delle stelle, nelle notti di maggio. Quelle notti in cui non c’è la luna, ma la sua assenza, che fa ancora più male. Poesia pura che incatena. Del vento amo il gusto di spezie e di salmastro.     L' aroma del ginepro e dell'eucalipto. Il vento sta nei miei passi e zufola tra le mie cosce. Sulla lingua ho papille gustative e fiacche urenti. Solo i granelli di sale sento, ma alle nuvole ho succhiato la consistenza, nell’attimo stesso in

Il legno e l'aceto

Il legno della croce profumava di mandarino e di sambuco. Alla fine di tutto, in quel giorno di primavera inoltrata, da quel legno, le donne avrebbero tratto dei piccoli bastoncini d’incenso per profumare le loro case e i loro lunghi capelli. Il profumo dell’incenso avrebbe fatto rivivere il Mar Morto. Sulle sue sponde sarebbero nate piantagioni di datteri enormi, dalla cui corteccia, le medesime donne, avrebbero tratto un balsamo prezioso per curare i dolori del ventre, la sterilità, i deliri e gli spasmi. Oggi c’è chi ha preso un legno, uno di quelli consumati dall’acqua, dal sale, dal sole, dalle muffe e dai tarli, un legno lungo, poroso, bucato, perfetto. Lì ci ha attaccato la sua anima. L’ha crocifissa sulla parete della sua cucina, insieme alle sue braccia, stanche, e ai suoi troppi pensieri. Lo ha fatto così, a tradimento, tra il PC sul tavolo, le bollette e gli occhidellamadonna, messi in acqua, in un vasetto di pomodoro, vuoto. Io pensavo a quell’immagine e la fissavo con due

DIAMOCI APPUNTAMENTO

Ti mostrerei la leggerezza di un pensiero semplice ed appagante, se ne fossi capace. Ti spiegherei il fascino della mancanza che, se non è desolazione, è poesia pura. Ti direi che la bellezza sta nel citoplasma ed è fatta di acqua marina. E se vorrai prendere in prestito il mio amore per il dettaglio, mentre io mi innamoro dell’insieme, fà pure, ma promettimi che addomesticherai il tutto con molta più pazienza di me. Potessi, ti insegnerei la lentezza,  per esercitarla un pò anche io, ma senza giuramento. Che poesia sarebbe se ci incontrassimo nell’odore del fiore di limone o in quello della menta selvatica,  tra i sassi bagnati o nel colore del mare che ci tinge la pelle, rendendoci piccoli alieni blu di questo pianeta? E invece, per umana distrazione, tu ti prendi la mia inquietudine da calzolaio scalzo. Che te ne farai mai? Diamoci appuntamento su un cubetto di ghiaccio, nella terra del fuoco. Su un’orchidea solo dopo che ha incontrato il suo o