15
Novembre (un anno fa)
Il viaggio è
iniziato e, quando il viaggio inizia,non si può più tornare indietro.
Guardare il
mondo da sopra le nuvole ha tutto un altro sapore e un’altra prospettiva.
Quando siamo atterrati, avevo già nostalgia di quella prospettiva che si chiama
cielo.
La luna
sembrava più vicina.La terra lontana.Ed era giusto così.
Mi allontano
dalla mia quotidianità, mi avvicino a me stessa.
16
novembre. Arrivati.
La prima
cosa che noti dell’Africa sono gli odori: un misto di spezie pungenti sulla
pelle delle donne, incenso forse mirra e per le strade curry e cardamomo,direi.
E il tempo.Lento.Dilatato.
“C’est
l’Afrique!”senti e tu, tordo occidentale,annuisci e ancora non ne sei degno.
Appena arrivati
decidiamo di fare un giro nel villaggio di pescatori presso cui alloggiamo.Veniamo così
magicamente catapultati nella realtà locale.
Io penso di
essere diventata una statuina del presepe.Strade strette, muri bianchi
scrostati e polverosi. Per le vie galline,pecore,mucche e pellicani disposti con la stessa fantasia con cui un bambino le disporrebbe nel suo presepe di
caffè e farina.E botteghe di spezie, stoffe e semi.
Gli
artigiani,sul ciglio della strada ti salutano,mentre sulla spiaggia le donne
puliscono il pesce appena pescato o stendono panni multicolori nascondendosi un
po’.
Io scatto
foto ma qualcuno si infastidisce.
Giusto così.
Non si puo’
spezzare la magia del presepe.
Altra
annotazione. I baobab. Sono ovunque. Vedo per la prima volta il pesante frutto
del baobab.
Mi emoziono
e penso al piccolo principe,al suo piccolo pianeta e al grande baobab.
17
novembre. Ore 8.30
Siamo
entrati con il battello nel delta del fiume Casamance.
Ripenso a
Dakar appena lasciata.Città strana dove c’è tutto: il comunismo,il
socialismo, il colonialismo,il capitalismo; il passato polveroso e un futuro
che già sa di vecchio.La soffocante puzza di smog e l’Oceanomare.La sabbia
rossa e il catrame, gli abiti variopinti delle donne,le case bianche e i
baracchini del Nescafè.
Sogno e
Realtà. In un contrasto straziante.
Notte.
Traghetto
Questo forse
è il viaggio dell’identità.
Ognuno di noi
inscena una parte cercandosi.
Mi sono
chiesta mille volte perché sono partita.
Un viaggio è sempre una ricerca.Un
bisogno.
Scrivere mi
obbliga a darmi delle risposte che, forse, troverò.
Ziguinchor (e il mercato artigianale).
Ziguinchor è
una baraccopoli.È grigia e rossa.E’lamiera e polvere. E’ebano nel cuore di
un artista.
E’la
lentezza di un te’e il suo sensuale rituale di preparazione.
E’il mondo
che si rispecchia in una bellezza primitiva.
E’nelle
mani bianche solo di polvere, mani che plasmano, mani che modellano, mani che
creano, mani che parlano di una quotidianità che sa farsi ammirare.
L’anima è
nera,ora lo so.
Nera e pura
come quella di questi artisti.
E il buio
che scende presto alla sera,qui non fa paura.
18
novembre:
Lo sforzo
più grande è essere sé stessi in mezzo al caos.
Sto
imparando la pazienza.
Voglio
essenzialità
E la cerco.
19
Novembre.
La Piroga.
Finalmente.
Le barche in
Senegal sembrano coriandoli a carnevale. Sparsi in mezzo all’acqua salmastra.
Il delta del
fiume è una distesa di acqua contenuta da due lembi di terra che si guardano
con rispetto ed emozione come solo un cuore innamorato saprebbe fare.
Nulla qui è
estremo.
Questo forse
è il segreto più profondo di questa terra.
E’ tutto
essenzialmente, inavvertitamente,elegantemente al suo posto.
Il cielo,il
mare,le barche attraccate,le barche lente in mezzo all’acqua,l’acqua intorno
alle barche,il cielo sopra l’acqua e l’acqua sotto il cielo. Tutto è lī.
Silenziosamente e perfettamente al proprio posto.
I
villaggi
I villaggi.
Emozione pura.
I bimbi ci
chiamano “tubab” scanzonandoci un po’,ma correndoci incontro,cercando il
contatto.
La pelle.
Dono degli dei ai mortali.
E noi
rimaniamo ingabbiati in stereotipati luoghi della mente.
La
Teranga.
La teranga è
la straordinaria ospitalità senegalese.
La vedi
forte e chiara soprattutto nei bimbi. Piccole mani e piccoli piedi che ti
vengono incontro, occhi che ti cercano e ti bucano senza chiederti il permesso.
Gli adulti,impacciati,cercano di imparare la lezione,a fatica.
Ed io pure.
Ancora in
Piroga
Mi sporgo
dalla barca per sentire questo vento sulla pelle e quest’acqua che ha un sapore
amaro ma mi apre la mente e il cuore. Chiedo alla mia pelle di ascoltare. In
silenzio.
20
novembre.
Da quando
siamo arrivati camminiamo sulle conchiglie.
In città,nei villaggi.
Ovunque,sotto i piedi, conchiglie.
Vorrei ascoltare la loro storia, una per una.
23
novembre
Oggi ho un
grandissima voglia di piangere.E’ atavica.Primitiva. Infantile.
Vorrei
sciogliermi in quest’acqua salmastra e con essa evaporare e raggiungere il
cielo.
Non tutto ci
appartiene.
E’ un concetto semplice.
E’ un concetto semplice.
Come questo
fiume non appartiene al mare cui è diretto.
E’ tutto
molto semplice.
Non so cosa
cercavo quando sono partita,ora ancora meno so dove sono,ma ho capito che non
può esserci appartenenza e che il viaggio è solo il raggiungimento pieno di una
propria solitudine.
Questa è la
consapevolezza cui ciascuno di noi rischia di arrivare. Prima o poi.
23
novembre sera
Avevo
bisogno di capire.Di risentire la mia pelle,le mie labbra aride, capire che
in fondo siamo come quelle conchiglie(che indifferenti calpestiamo in
continuazione),nell’insieme nulla, ma se ne prendi una,quella diventa unica
nella tua mano e la sua storia si fa indimenticabile.
Ho bisogno
di credere di aver sperimentato per elevarmi e ripartire.Ora vado.Oltre.
Ho
sperimentato la terra che sempre amo,i miei piedi che toccano la sabbia calda
che scalda,ma ora mi riprendo il cielo. E’ questo il mantra che ripeto alla
mia anima. Bisogna saper ripartire,sollevare dall'acqua l’ancora che ancora tiene
legata la barca al porto e ripartire. Ecco il segreto del viaggio. Ripartire,
ogni volta diversa da come sei arrivata. Ma solo se qualcosa ti ha veramente
vissuta,sei pronta per andare.
Ho ancora
una fottutissima voglia di piangere.
E piango
l’acqua salmastra che mi trabocca dal cuore.
PIANGEVO
SENZA SAPERE CHE PIANGEVO E NELLA NOTTE SENTIVO SOLO I MIEI PASSI NEL
CAMMINAMENTO (da "il generale nella neve")
24
novembre.
Oggi siamo
sbarcati sull’Oceano. Ci siamo immersi nella sua potenza liberatrice.
I tronchi
estirpati alla terra gozzovigliano sulla spiaggia e si fanno accarezzare come
un’amante in trepida attesa.
Ho perso gli
occhiali.Ho perso un senso.
Mi rimaneva
ancora una volta la pelle per sentire.
Oggi abbiamo
conosciuto un tipo bizzarro che ha lasciato la biancavita ed è partito
alla ricerca del suo viaggio.
Viaggio che
lo ha portato qui, sul naso dell’Africa,vista oceano.
Ci ha
accolto,ci ha raccontato,ci ha abbracciati,ci ha portato per mano in questo
mondo che ora è il suo mondo.
Mondo magico
mistico e misterioso, dove si intrecciano storie di riti sciamanici e feticci,
tori da sacrificare e passaggi da meritare. Abbiamo bevuto lime e menta,sentito l’odore acre delle piante coltivate, assaggiato con le labbra l’acqua
argillosa di un acquitrino confondendola con acqua di fonte sacra e
benedetta e,con quella stessa acqua, siamo stati battezzati in un rituale primitivo e purificante.
Abbiamo
contemplato sua maestà le Fromager,l’albero sacro,che guardandoci dritti
negli occhi,con le sue rugose radici,raccontava a ciascuno di noi una storia
diversa, forse a ciascuno la propria.
Abbiamo
camminato vicino alle pire dei defunti senza timore ma con la pace di chi rispetta la vita in ogni sua espressione e
onora la morte in ogni momento essa arrivi, di chi per un giorno ha creduto
negli spiriti e nelle streghe, nell’uomo e nella sua natura semplice e fragile.
Ancora
Villaggi: odori,
sguardi, corpi, ferite, dignita’, coraggio. Secrezioni e lacrime. Abbracci e
ancora pelle con pelle. Vorrei tatuarmi questo ricordo sulla mia di pelle.
30
novembre
Rientro in
macchina: Ziguinchor-Dakar passando per
il Gambia
A velocità
folle ci dirigiamo verso Dakar, non esistono regole della strada, non esistono
strade,non esistono limiti da infrangere.
Abbandono la
paura del momento,la lascio andare come è giusto che sia.
Decido
cosī.E capisco che ho deciso bene.
Sfreccianocolorivoltivillaggigendarmiarmipovertà.
E ancora polvere che sale e si infila ovunque
nel naso,negli occhi,sul cuore.
Sto
rientrando e ancora una volta cerco di assaporare tutto fino all’ultimo.
30
Novembre.
Pronti per l’imbarco.
Pronti per l’imbarco.
Viaggiare
definisce meglio i tuoi confini, ma imparare dal viaggio significa cancellare
quei confini. Ora lo so.
E’ notte a
Dakar.Notte vera.Buio vero.
Ma la notte non fa più paura.
Ma la notte non fa più paura.
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