Passa ai contenuti principali

IL MIO CANTO DELLE SIRENE


Il mare si placa.
La nave ondeggia, ma solo un poco.
L'antro è stretto e l'acustica e' perfetta.
Non sei bella, sai, Sirena,
hai voce stridula e spezzata.
Il tuo canto non mi inganna.
È un terribile lamento, una lagna senza tempo. Senza ritmica,  né misura.
Io direi anche scontata, già  sentita, già  postata.
Sei brutta e pure un po' pelosa.
Hai sguardo spento.
Sei noiosa.
Rughe strette sulla pinna e le labbra son rifatte.

Non mi inganni. Stanne certa.
Non legatemi sul palo,
Non tappatemi le orecchie.
Voglio stare ritta e spoglia come l'albero maestro, guardare a prua e pure a poppa, a  babordo ed in coperta.
Non legarmi, lo sai che è peggio.
Quando mi svincolo, poi vaneggio.

Io ti ascolto, Sirenetta, non ho timore del tuo parlare.
Il pensiero mi si è alleato ed il cuore è  incorporato.
Ho soltanto un po' paura di quel che tu mi rappresenti.
Ed è per questo che ti figuro a contenuti evanescenti.

Dimmi allora vecchia arpia "ma davvero tu chi sei?"
Il mio sogno, la mia illusione, un amore, una passione?
L' altruismo, la compassione, la conoscenza o l'evoluzione?

"Di che cosa ho più bisogno?"
Io ti ascolto (un po'  ti agogno).

Di scalare per mai arrivare.
Di pane caldo da gustare.
Sguardi e mani da fermare.
Ore vuote da addomesticare
Di perdonarsi e perdonare
E di figli da non imbrogliare.
Di imparare, non rinnegare.
Di lasciar andare, non controllare.
Di sognare, senza interpretare.
Sentire la morte e consolare.
Della rosa che vuol sbocciare
E della pelle che vuol cambiare.
Di indignarsi, ma con saggezza e
di continui, sprovveduti, atti di gentilezza.

Non sei brutta, sai Sirena, sei solo la vita da interpretare, le mie paure e i miei fantasmi, la mia sete, i miei inganni.

Ma ti guardo da vicino, anzi ora sai che faccio? Scendo proprio dalla barca, che' i naviganti hai ingannato, ma magari con le donne mai chiacchierato.
(Djembereng, Senegal. All'alba, novembre 2018)












Commenti