Ci sono le parole, ma anche i silenzi.
Silenzi cercati, voluti, desiderati.
Silenzi d'intesa.
Il petalo che si colora di carminio (accordandosi con non si sa chi),
la lumaca che avanza,
la tua palpebra al risveglio.
Ci sono silenzi evoluti.
Silenzi maturi.
Silenzi rispettosi.
Il silenzio della nonna che gira il ragu'
e lavora la maglia, lentamente, scrutando il mondo da dietro l'occhiale presbite, per poi tornare a girare il filo di lana.
I silenzi d'alta quota, che congelano i pensieri.
I silenzi sotto al salice,
di chi fa meditazione, yoga e mangia bambù.
E anche quelli nella sala d'attesa di un reparto di Rianimazione.
(Ma ci sono anche i silenzi vigliacchi, quelli omertosi, quelli come negazione, i poco trasparenti. I silenzi come pistola con il grilletto pronto a saltare. Ma con questi, oggi, non ho voglia di intrattenermi).
Il silenzio è potente.
Tanto potente.
Troppo potente.
Con la parola
Do' un colore,
un peso,
una forma,
una consistenza.
Elaboro una dottrina.
Col silenzio, no.
Nel silenzio incontro i miei fantasmi ed anche i tuoi. Quegli spettri muti, sordi e ciechi, non paurosi, tuttavia, che mi obbligano a partire, a ripartire ogni volta,
A cercare. A Continuare.
Anche Siddharta è ripartito più e più volte.
Il silenzio, all'inizio, non aiutava la sua ricerca spirituale.
Ha avuto bisogno di altri maestri: la cortigiana, il mercante, il giocatore d'azzardo, il barcaiolo, suo figlio (così tanto diverso da lui!) per capire che
"ciò che impedisce di trovar pace sono le troppe parole, i troppi insegnamenti".
VIVERE è l'illuminazione finale.
Devi prima viaggiare, oltre la parola, oltre le immagini e l'immaginazione, oltre la tua stessa conoscenza (o presunta tale), oltre le infinite opinioni, immergerti nel caos dei tuoi pensieri e riemergerne, sano e salvo
ma,
soprattutto,
devi
sentire addosso la vita, con le sue infinite contraddizioni e, forse, solo alla fine, come Siddharta, dire schiettamente:
" Non tengo più i pensieri in gran conto. Apprezzo le cose, sapendo che non è concesso all’uomo di scorgere a che punto sia il suo simile nella sua propria strada. Perché nel brigante può celarsi il Buddha e nel bramhino puo' celarsi il brigante".
Allora sì che forse capiremo che
siamo schiavi delle nostre parole
e padroni del nostro silenzio.
(Rimessaggio, San Nicolò Capodimonte, 2019 )
Silenzi cercati, voluti, desiderati.
Silenzi d'intesa.
Il petalo che si colora di carminio (accordandosi con non si sa chi),
la lumaca che avanza,
la tua palpebra al risveglio.
Ci sono silenzi evoluti.
Silenzi maturi.
Silenzi rispettosi.
Il silenzio della nonna che gira il ragu'
e lavora la maglia, lentamente, scrutando il mondo da dietro l'occhiale presbite, per poi tornare a girare il filo di lana.
I silenzi d'alta quota, che congelano i pensieri.
I silenzi sotto al salice,
di chi fa meditazione, yoga e mangia bambù.
E anche quelli nella sala d'attesa di un reparto di Rianimazione.
(Ma ci sono anche i silenzi vigliacchi, quelli omertosi, quelli come negazione, i poco trasparenti. I silenzi come pistola con il grilletto pronto a saltare. Ma con questi, oggi, non ho voglia di intrattenermi).
Il silenzio è potente.
Tanto potente.
Troppo potente.
Con la parola
Do' un colore,
un peso,
una forma,
una consistenza.
Elaboro una dottrina.
Col silenzio, no.
Nel silenzio incontro i miei fantasmi ed anche i tuoi. Quegli spettri muti, sordi e ciechi, non paurosi, tuttavia, che mi obbligano a partire, a ripartire ogni volta,
A cercare. A Continuare.
Anche Siddharta è ripartito più e più volte.
Il silenzio, all'inizio, non aiutava la sua ricerca spirituale.
Ha avuto bisogno di altri maestri: la cortigiana, il mercante, il giocatore d'azzardo, il barcaiolo, suo figlio (così tanto diverso da lui!) per capire che
"ciò che impedisce di trovar pace sono le troppe parole, i troppi insegnamenti".
VIVERE è l'illuminazione finale.
Devi prima viaggiare, oltre la parola, oltre le immagini e l'immaginazione, oltre la tua stessa conoscenza (o presunta tale), oltre le infinite opinioni, immergerti nel caos dei tuoi pensieri e riemergerne, sano e salvo
ma,
soprattutto,
devi
sentire addosso la vita, con le sue infinite contraddizioni e, forse, solo alla fine, come Siddharta, dire schiettamente:
" Non tengo più i pensieri in gran conto. Apprezzo le cose, sapendo che non è concesso all’uomo di scorgere a che punto sia il suo simile nella sua propria strada. Perché nel brigante può celarsi il Buddha e nel bramhino puo' celarsi il brigante".
Allora sì che forse capiremo che
siamo schiavi delle nostre parole
e padroni del nostro silenzio.
(Rimessaggio, San Nicolò Capodimonte, 2019 )
Commenti
Posta un commento