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LUDO-PATIA

Ludovica è la mia vicina di casa. Tre piani sopra di me. Condividiamo le entrate e le uscite dal portone, qualche sorriso e due chiacchiere alle ore più improbabili nell'atrio, come ieri sera. Un giorno è  capitato di non vedersi più per un po'. Succede nella vita di doversi rintanare come fanno gli animali feriti, da qualche parte. Ma quando ci ritroviamo, ecco che succede in un'altra dimensione. Nei suoi quadri. Precipito letteralmente, nel mondo di Ludovica. Ci casco dentro come Alice nel paese delle meraviglie. E mi faccio piccola piccola perché il suo mondo mi pare immenso.  I quadri di Ludovica sono una storia, mille storie, sono cambi di scena improvvisi, sono istantanee della vita con il flash che ti stordisce per qualche minuto. Sono esplosioni di colore cioè esplosioni di vita, di sentimenti. Contrasti puri, decisi e sfrontati, divertenti e dolorosamente ironici. Che poi cosa è la vita se non un grande gioco di carte che

Dïàpaṡon

Il suono della campanella infine è arrivato. È riecheggiato forte e deciso, strampalando fuori dalle finestre spalancate. È rotolato giù dai muri per saltellare sopra i sassi delle strade.  Ha preso il volo assieme alle farfalle, alle libellule e a qualche desiderio. E, nel mentre, mi è vibrato dentro.  Mi ero scordata di come vibra. Diapason. A mia insaputa, mi si è infilato nel timpano e ha rimbalzato nella cassa toracica, muovendosi dentro di me con passo dinoccolato. Ci sono emozioni che tornano, quando meno te l'aspetti. Succede anche con alcuni ricordi. Il suono della campanella e la pallina di carta e scotch, l'albero di cachi dietro alla finestra, le mie matite e i pennarelli blu, il crocifisso appeso storto, l'Italia politica e quella fisica.  Le occupazioni, le assemblee di istituto, l'arancio del manifesto, la smemo e le questioni di lana caprina, i satiri e la satira.  La matematica teorica e quella applicata. La vita applicata, in teoria.  I colori primari

GEOMETRIA APPLICATA PER PRINCIPIANTI

C'è tempo in cui si è sfera. Trasparente o caleidoscopica poco importa. È una questione di forma. La sfera è liscia e senza spigoli,  è la biglia che rotola veloce, è il cristallo tondo della fattucchiera che tutto sa e vede il futuro perché sarà esattamente come deve essere. Quando sei sfera, di solito, metti la mano sul fuoco e togli le castagne dal fuoco. Rotoli. Su strade già disegnate. Poi arriva il tempo della piramide. È il tempo degli spigoli, la base resta allargata e ben poggiata a terra, ma un angolo si conficca nel fianco del cielo. Esiste la verticalità. Scivoli sui tuoi lati come sulle montagne russe e urli come un bimbo eccitato. Custodisci dentro un sepolcro inaccessibile, vietato soprattutto ai turisti curiosi. Poi ecco il tempo del cubo. Un cubo poliedrico si intende, di quelli rotabili a 360 gradi. Il cubo di Rubik per fare un esempio. Sei facce, nove adesivi, diversi colori,  configurazioni possibili nell'ordine dei miliardi. Insomma questa è una fase int

UFOS* SULLA LUNA (*ufficio oggetti smarriti)

Luna quasi piena stasera.  Bianco vaniglia e giallo mango.  Credo sia dolcissima.  Marzapane e torrone. Là si raccolgono tutte le cose che, si dice, si perdono in terra... Nell'ordine: il senno e le chiavi, il filo del discorso, il filo di Arianna, il filo della matassa, il tempo, il sonno, l'occasione (ladro annesso), la trebisonda, il peso, l'amore (quando si fa sera), il pelo ed anche il vizio, le reti, se sei pescatore. La bussola e la tramontana, la testa ed anche i nervi.  Perdersi. Di vista. E d'animo. Ma c'è anche chi non perde un colpo. E a volte non c'è da perdersi niente. Un bel niente! " Quando guardo la luna, io voglio sognarla non voglio raggiungerla" diceva stasera Alba. Anche se lassù ci sono un mucchio di cose interessanti, anche io la penso così. (h00.15-7.8.2020, luna e corso Garibaldi)

L'ORA DELL' APE

Ora dell' APE. Ci si bacia.  Ci si accarezza. Ci si sfiora. Ci si guarda negli occhi. Si parla del più e del meno.  (A volte anche del per e del diviso). Io farei tutto, in religioso silenzio in un bisogno pellegrino di riscoprire la sacralità che ci abita.  La felicità è un concetto semplice se non ne hai troppa nostalgia. Senza amore saremmo conchiglie dimenticate anche dall'onda più compassionevole. Che voglia di stare ad ascoltare i gabbiani che planano dentro e di starsene a sentire il rumore che fanno le onde nel punto preciso in cui si generano, non dove si infrangono! Sorseggio un po' l'idea, tenendomela sulla lingua prima di mandarla giù. Rifare ogni cosa, ma farlo con la precisione dell'APE dentro la sua fioritura. Per me un mimosa, grazie! 

DI PUNTI DI RIFERIMENTO E DIOTTRIE

Caldo. Decisione più ovvia: buttarsi in mare, raggiunto con inevitabile fuga in treno. Tolgo gli occhiali e mi avvio verso le onde. Consapevole della mia ipovisione da miope priva di una buona dose di diottrie, prima di entrare in acqua, cerco un riferimento: vicino a dove avevo appoggiato la borsa nera e le espadrillas verde salvia c'è l'unica sdraio orizzontale su una spiaggia di sdraio verticali. " Bene quello il mio punto di riferimento per quando uscirò dall'acqua!" Mi dico convinta. Dunque entro in acqua. La visione miope, che sulla terraferma ti fa sentire parte della cerchia impressionista, in acqua rende tutto come un frullato di mille frutti di stagione. Tinta unita. Ma, e il miope lo sa, ti si affinano gli altri sensi. Allora mi concentro sul sale, che, mi dico, è proprio  salato. Salato ed essenziale. Mi concentro sul corpo che fa il morto. Il morto vivo. Cioe' sembra morto ma è vivo. Vivo vivo, anzi a dimostrazione della viltà (per la morte), dev

MARMELLATA

La felicità è come il vasetto di marmellata messo sulla mensola più alta della dispensa. L' hanno messo lì il vasetto, in alto  che si sa lo zucchero fa male, ingrassa, ti viene il diabete, ma soprattutto non si mangia prima dei pasti, neanche dopo. Non si pasticcia. E io mi allungo Mi allungo. Mi allungo. Non ho sedie Non ho scale. Ho questo corpo. Queste braccia e queste mani. Mi allungo. Mi allungo. La felicità è una idea. È il desiderio di tutte le more viola, i lamponi teneri e i mirtilli turgidi. E' nel desiderio di tutti gli agrumi dal sapore del sole e l'odore di zagare che si sprigiona appena apri il  vasetto. La felicita' non è il vasetto con la marmellata. È il desiderio che hai tu e dello sforzo con cui ti allunghi. E se non arrivo al vasetto, Mi assicuro che non cada. (Foto scattata a Genova PP due giorni fa)

A-MARE

Scuote e mi schiuma. Sciaborda e mi scioglie. Scintilla e mi scinde. Sciacquando, mi scippa. Io mi scopro. Schiudo me stessa. Non vuol scemare. E' energia da conservare. Mare, oggi sei fatto delle stesse microparticelle della mia anima che sciolta, sta, stesa, senza sapersi asciugare. (mareggiata a Camogli, 7 luglio 2020 ) 

C'È TEMPO

Ci sono notti in cui le ore si dilatano e tu stai alla vita come il foglio di carta sta a un punteruolo. Stanotte una ragazzina perdeva il padre in arresto cardiaco. Non sono bastate le mani, non è bastata l'energia di un defibrillatore, né quella del cosmo a riattivare i suoi pensieri,  smuovere le sue labbra, sollevare le sue palpebre. "Respira ancora vero? È un incubo! Ora si sveglia e parliamo un po' io e papa' ". Prove tecniche di resurrezione in questo teatro d'improvvisazione. Io mi sentivo come un burattinaio di strada squattrinato, senza burattini, voce ne' fantasia ma mi sforzavo di sentire il loro dialogo muto. Era ancora lì accanto alla sua bimba? Lei che pareva improvvisamente così piccola come fosse appena uscita dall'utero materno col cordone ancora  attorcigliato attorno al collo. Le mancava l'aria. Ci sono notti che ti svuotano con la rapidità con cui si svuota una lattina di coca-cola agitata violentemente prima dell'us

LO SPETTACOLO DEL CIRCO

Cercare. Desiderare.  Desiderare di trovare. Anche Se stessi. Che istinto è mai questo che si nasconde libero e fiero, come fiera libera, nel prato sconfinato degli inganni dell'io? Ci si cerca. come il segugio cerca il tartufo, la polvere il raggio di sole,  l'ape il centro del fiore, le tartarughe marine l'oceano.  Ci si cerca, per dare un senso al viaggio. A volte in me questa ricerca fa vorticare così tanto i pensieri, che pare siano stati dimenticati su una giostra rotta, nel circo della vita. Il tendone a striscie.  Ci sei mai stato dentro? Dentro al tuo, di tendone, intendo, al tuo di circo. Il mio pagliaccio ha il naso turchese, ride di gusto e piange. È poetico e fragile. Malinconico e impietosamente ironico.  Trasforma in arte pura la sua distimia e recita a soggetto. Il mago, di turchese, ha gli occhi. Dal suo cilindro tira fuori solo fiori freschi, perché quelli di plastica che puzzano di chiuso e di naftalina, lo fanno vomitare.  Il trucco di scomparire nel nul

DUE VITE

Concita de Gregorio in due righe mi folgora su Repubblica, ieri. "Ogni parola del libro ha un peso. Ogni parola."Dice. Se ha ragione Recalcati che non siamo noi a scegliere i libri, ma sono loro a sceglierci,  allora, questo libro mi ha scelta. Così, sospinta da una forza ipnotica, mi  dirigo verso la libreria "l'ultima spiaggia" e chiedo DUE VITE di Emanuele Trevi. La libraia non lo trova subito. "Il libro è alto come un pacchetto di sigarette"  mi accingo a dire (lo dice la De Gregorio e io mi pavoneggio nel ripeterlo). La copertina ammalia: busto di donna di Kazimir Malevič. Fuori il sole e le nuvole giocano a moscacieca, i colori del mare e del cielo riempirebbero di estasi ogni fotografo, qualche esteta e gli anziani che hanno imparato il trucco del mestiere. Il mare brontola in maniera assai energica là sotto: uno sciabordio continuo, uno spumeggiare di microparticelle di sale scintillanti alla luce del mattino. I gabbiani sono eccitati piu'

Il capitano

Dicono che il mare, oggi, sia sospinto da una energia cinetica che arriva da molto lontano. Si infrange qui, su questi scogli ruggine e salsedine e contro le mie ossa. Le modellasse, queste mie ossa, e le colorasse di ciano e di cobalto, diventerei conchiglia e darei riparo ai paguri molli, alle spugne spongiose e agli anemoni in fiore, vorticando assieme ai sassi, ma senza vertigine. Da levante, intanto, soffia quel vento giovane e distratto che, scendendo giù dal promontorio, spettina i pini marittimi e confonde cielo, mare e sassi in un'unica sfumatura d'argento e di latte. Si intrecciano qui la materia e l'antimateria ed io scompaio in questo vortice magnetico. Gran vento fin dove spingi i desideri degli uomini? Porti disordine nel mio cuore col tuo fascino ambiguo di richiamo lontano d'uccello disperso! Scompigli le mie cellule, sarte di vele, e mi gonfi d'acqua salata, rendendo calcarei i miei pensieri. Dovrei ritrovarmi in questo libero fluire e invece m

TC A COLORI

Lui era così fragile che ho temuto che le sue ossa porose si sarebbero spezzate appena la corrente avesse cambiato direzione.  Era come un canarino magro e spennato. Io l'ho preso per mano. Ho preso per mano la mia di fragilità, anche se in quel momento non lo sapevo. Ho guardato su uno schermo le circonvoluzioni dei suoi due emisferi cerebrali attratta dal grigio ma soprattutto dal nero, pensando alle mie di circonvoluzioni, alla mia materia grigia e al mare in cui naufraga, abitualmente. In quel nero contenuto nella teca ossea rifrangente, ho pensato che sono diluite le nostre paure ed è lì che alleviamo i nostri girini che un giorno, forse, sputeranno il rospo. Intanto la ginestra fioriva sopra la siepe dell'infinito bisogno di felicità che abbiamo. Ed era odorosa e così gialla che pareva avesse rapito l'anima alle api. In lei l'essenza di tutte le fioriture del mare. È per questo che con due gocce di lacrime salate ho nutrito la mia ginestra che quasi s'annegava

FIORE DI CACTUS. BOLI DI CAFFEINA

Intanto il fiore del cactus è fiorito.  L'ho aspettato tanto e lui, invece, ha deciso di fiorire nel giorno della mia partenza. Non si è mostrato a me.  Ha deciso così.  Ed io ho dovuto accettarlo. Ha scelto di essere bello per sé stesso, non perché io lo potessi ammirare. Lui e' fiorito giusto per il tempo di un tramonto.  Era magnifico Pieno. Succulento. Aveva succhiato tutta l'acqua agli aghi sottili nei giorni di magra ed ora esplodeva evaporando bellezza da tutti i pori. In lui, tutte le declinazioni del rosso: scarlatto, vermiglione, cinabro, corallo, cremisi, una punta di amaranto e venature color porpora. No, non l'ho visto, ma così me lo sono immaginato, da sveglia come nei sogni in cui lo andavo sempre a guardare. Quando io sono corsa a vederlo, invece, lui se ne stava lì, sfinito da sé stesso e dal suo medesimo incanto. Stava giù, come la lancia di don Chisciotte dopo i mulini, come il pugile steso sul ring col naso rotto, come il palloncino sgonfio e la gomm

BUONA LA PRIMA. SWALLOW SHOWTIME

In questi giorni mi sono fermata a guardare le rondini, ammaliata. In certi giorni le ho viste indossare lo smoking con superbia sfrenata, a sfidare il vento e le sue leggi, con arroganza ed impeto. In quei giorni sono rimasta col naso all'insù. Altri giorni il loro stridio lacerante mi ha spaventata: streghe maligne, nere e carboniche scendevano dal cielo in picchiata, su scope invisibili, a spaventare gli uomini e a confondere la loro voglia di primavera. In quei giorni ho pensato alla fine e all'inizio di ogni cosa. Altri giorni erano un nugolo di bimbi felici, all'uscita della scuola, deficit di attenzione ed iperattività, correvano a perdifiato con la cartella per aria e la voglia di vivere e studiare questa vita con i loro, di ritmi. In quei giorni, mi sono sentita rondine. Mi svegliavano all'alba e mi salutavano al rientro. Ma quante albe e quanti rientri abbiamo già avuto? L' alba, oggi, per me ha l'odore del caffè alla cicoria, ed è

SPiCCIOLI DI DESIDERI

Attrito: dissipazione di energia che non si conserva. Muscoli in azione, pensieri in flesso estensione. L' acido lattico a me si accumula negli orbicolari. Le molecole, opponendosi, si scaldano. I corpi lo fanno, abbracciandosi. Oscillo come un pendolo per capire quanto  dura un mio giorno siderale. Interpreto i miei atti mancati. Cedo alle compulsioni della bellezza, in astinenza continua. Mi cerco interpretando l'acqua tremula sul fondo del mio pozzo. Ieri ho comprato dell'intimo in pizzo san gallo e vi ho rivestito l'anima e le uova d'oro. Ma dove sta la felicità? Mi viene la vertigine ogni volta. A volte mi espando così tanto che ho paura di perdermi. Rotolo via come la biglia che un bimbo ha perso giù per la discesa dei suoi giochi. A volte, invece, mi faccio così piccola ma così piccola che un fringuello potrebbe prendermi col becco e portarmi via, senza muovere un filo d'erba.  Ho infiniti spiccioli di desideri nelle t

IO, MORFEO E IL GIN INVECCHIATO

Poi, un giorno, l’incendio su quel campo si è spento. La fuliggine e la cenere si sono depositate e hanno nutrito la terra che ha prodotto un vino assai pregiato. E’ un calice sapido, dai riflessi saturnini e odora di pietra mineraria. Un perlage finissimo e complesso lo caratterizza in una miriade di microbollicine in rapida ascesa verso l’iperuranio. Ha il sapore delle rocce fuse perchè la vite ha dovuto affondare le sue radici in profondità per potersi scaldare un pò, durante le gelate notturne. La terra bruciata ha l’odore del nero.  Ogni colore ha un suo odore e l’odore del nero è l’odore del bruciato. Quando lo respiri, ti si incatramano le narici e le pupille. Entrandoti dentro, quell’odore di nero, fa il calco della tua anima, ma solo se lo respiri a fondo.  Potessi poi aprirti in due, senza romperti in mille pezzi, tireresti fuori il calco della tua anima e lo ammireresti come pezzo unico di collezione, nella bacheca, non allarmata, del tuo museo. Su quel te

La forma dell'acqua

Mi sono fermata col desiderio di ascoltarti. C'eravamo solo io, i cormorani senza maschera e la signora coi gerani multicolori, nella busta di plastica.  La signora si è seduta vicino a me, nell'attimo in cui il lampione dell'imbarcadero disegnava la sua musa sulla tela d'acqua con l'intento di corteggiarsela poi, stanotte. Io e la signora coi gerani abbiamo parlato delle barche, dei negozi di vestiti che forse riaprono, delle case del borgo che, in alcuni giorni dell'anno, fanno il bagno e se ne stanno a guardare i pesci e le primule sul fondale del fiume. La cupola del Duomo a me, da lì, pareva un vulcano spento. Aspettavamo le gocce io e la signora dei gerani multicolor. Anche i gerani aspettavano. Anche la busta di plastica. Le rondini volavano basse, effettivamente. E allora siamo state ancora così, un altro po'. A volte temo, come una lucciola in un bicchiere, che una tua goccia possa farmi annegare. Senza ghiaccio, ma

NATURAL TRIBUTE

Ogni viaggio nel mondo inizia da “il viaggio dentro sè stessi”. Cerco le mie radici e le trovo in un’edera rampicante che come la pianta di fagioli magici vuole vedere cosa c’è oltre le nuvole. Guardo la mia ombra, la guardo tutte le sere, al calar del sole, mi fa compagnia, di giorno come di notte, con la febbre come con il raffreddore, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finchè morte non ci separi, tra l'aroma della bianca dipladenia. Dicono che ho angoli, nel corpo come nella mente, ecco perchè mi cerco nelle luce spigolosa delle stelle, nelle notti di maggio. Quelle notti in cui non c’è la luna, ma la sua assenza, che fa ancora più male. Poesia pura che incatena. Del vento amo il gusto di spezie e di salmastro.     L' aroma del ginepro e dell'eucalipto. Il vento sta nei miei passi e zufola tra le mie cosce. Sulla lingua ho papille gustative e fiacche urenti. Solo i granelli di sale sento, ma alle nuvole ho succhiato la consistenza, nell’attimo stesso in

Il legno e l'aceto

Il legno della croce profumava di mandarino e di sambuco. Alla fine di tutto, in quel giorno di primavera inoltrata, da quel legno, le donne avrebbero tratto dei piccoli bastoncini d’incenso per profumare le loro case e i loro lunghi capelli. Il profumo dell’incenso avrebbe fatto rivivere il Mar Morto. Sulle sue sponde sarebbero nate piantagioni di datteri enormi, dalla cui corteccia, le medesime donne, avrebbero tratto un balsamo prezioso per curare i dolori del ventre, la sterilità, i deliri e gli spasmi. Oggi c’è chi ha preso un legno, uno di quelli consumati dall’acqua, dal sale, dal sole, dalle muffe e dai tarli, un legno lungo, poroso, bucato, perfetto. Lì ci ha attaccato la sua anima. L’ha crocifissa sulla parete della sua cucina, insieme alle sue braccia, stanche, e ai suoi troppi pensieri. Lo ha fatto così, a tradimento, tra il PC sul tavolo, le bollette e gli occhidellamadonna, messi in acqua, in un vasetto di pomodoro, vuoto. Io pensavo a quell’immagine e la fissavo con due

DIAMOCI APPUNTAMENTO

Ti mostrerei la leggerezza di un pensiero semplice ed appagante, se ne fossi capace. Ti spiegherei il fascino della mancanza che, se non è desolazione, è poesia pura. Ti direi che la bellezza sta nel citoplasma ed è fatta di acqua marina. E se vorrai prendere in prestito il mio amore per il dettaglio, mentre io mi innamoro dell’insieme, fà pure, ma promettimi che addomesticherai il tutto con molta più pazienza di me. Potessi, ti insegnerei la lentezza,  per esercitarla un pò anche io, ma senza giuramento. Che poesia sarebbe se ci incontrassimo nell’odore del fiore di limone o in quello della menta selvatica,  tra i sassi bagnati o nel colore del mare che ci tinge la pelle, rendendoci piccoli alieni blu di questo pianeta? E invece, per umana distrazione, tu ti prendi la mia inquietudine da calzolaio scalzo. Che te ne farai mai? Diamoci appuntamento su un cubetto di ghiaccio, nella terra del fuoco. Su un’orchidea solo dopo che ha incontrato il suo o

DI PARTI (E DI FIORI DI CILIEGIO)

Il primo parto è stato di terra. Io sentivo odore di ferro e di pietra lavica nelle mie secrezioni. Ogni roccia ha un suo profumo sai? E conserva la memoria del mare più che della montagna da cui proviene. Così, grazie a te, ho scoperto che la roccia, quando esplode, rilascia un aroma intenso e geme gocce di salmastro. Il tuo lento discendere in me, mi ha definitivamente legata alla terra. Tu venivi al mondo ed io, novella Dafne, mi trasformavo in una vite che metteva radici proprio al Centro della Terra. Da allora, sai, le mie vene sono diventate tralci nodosi che si aggrovigliano per il corpo. Da allora ho branche di legno sul mio tronco asciutto e cordoni piuttosto resistenti, un portamento naturalmente irregolare e in testa tanti nodi da cui forse germoglieranno acini piccoli piccoli ma dolcissimi. Mi hai unito alla Terra, tu. Ed era d'estate.  Il secondo parto è stato un geyser di gocce calde originato dalle mie viscere umide. Il roteare di uccello selvatico,

MADRE

Il profumo di pane misto a latte è il mio odore materno nei giorni di sole,anche se il latte al seno, a quanto pare, non l'ho mai succhiato. Nei giorni di pioggia, invece, l'odore è quello delle viole, subito dopo che ha piovuto e la terra profuma di viole e le viole profumano di terra. In quello scambio tra la terra e le viole, mia madre mi ha dato un bacio. Se io potessi infilare quell'odore tra le pagine di un libro, lo aprirei tutte le volte che cambia il Tempo. Mia madre sta nel mio piccolo intestino e si dondola nel mio Duglas su una amaca fatta di fibre muscolari, globuli rossi e due gocce di Yves Saint Laurent. Mia madre è rapidità, scatto felino nella pancia, gatto selvatico, come il finocchietto più odoroso sulla strada che porta al mare. È notte piu' che giorno, quando di stelle ce ne sono troppe e soffia quel vento che fa parlare gli usci e riuni sce  gli spiriti. È intuito.  I ncisione profonda dove collocare il bulbo destinato a rifiorire. Mi

TRA LE COSE CHE AMO C'E'

Tra le cose che amo c'è: la pancia molla di Sancho Panza, l'albero maestro cui si fece legare Ulisse, non il tallone, ma tutto il metatarso di Achille. L'alloro dei poeti, l'ulivo benedetto ma anche la salvia e il rosmarino degli chef. Il brontolio del mare, da dove lo sentiva Padron 'Ntoni, l'eleganza del gambero. Le rime baciate, senza corteggiarsi. Non l'ultimo, ma il primo canto di Saffo. Il cielo in una stanza e la gatta, quando non ci cova. La viola del non pensiero e il profumo dei nontiscordardime. I flash delle intuizioni minute minute, che durano un secondo, Ma, se mi illumino di immenso, brucio per caso la foto? L'ora del me, con la Regina. L' ombelico del mondo, ma anche il suo femore, la milza e gli ureteri. Non l'ironia della sorte, ma la sua pietà. La liberAzione e tutte le Belle Ciao senza la Bestia al seguito. Il preludio e l'attesa, quando non sa di esserlo. Cio' che dà il via e tutto quello che p

HO PRESO I MIEI GIOIELLI

Oggi ho preso tutti i miei gioielli più belli. Li ho presi tutti, tirandoli fuori dai cassetti. Ho trovato l'ambra e la sua dolcezza di miele sfuso. La collana di pietre preziose, combinazione esotica, raffinata, azzardata. Le perle, che ho osservato a lungo nella loro eleganza così essenziale, simile solo a quella dei sassi bianchi del mare. La lunga collana di vetro trasparente del giorno delle nozze, un triplo giro di chicchi di ghiaccio dolce e profumato da succhiare come fanno i bambini con i ghiaccioli sulla spiaggia calda, senza bisogno di asciugarsi se cola tutto, che tanto poi ci si butta in mare. Ho preso gli orecchini di ceramica. Ne ho di ogni colore e forma, da indossare in abbinamento con il rossetto e l'anima, secondo le sfumature dei giorni. Ho preso gli anelli, li ho presi tutti, e ho visto che alcuni, alla luce, brillano come mille arcobaleni scesi in piazza a manifestare; altri, invece, hanno un unico potente colore e declamano l'intensità, col m

L' ORACOLO

Oggi ho piantato un bulbo. Non se lo aspettava di essere piantato così, su due gambi, allora l'ho annaffiato con dello champagne e abbiamo brindato alla fioritura che sarà. Le bollicine hanno eccitato la terra che ha deciso che parteciperà al parto. Ho protetto la mia ombra dal sole di mezzogiorno, perché solo in questi giorni di intimità, mi ha confidato che ha dei problemi di fotosensibilizzazione. Allora le ho spalmato la protezione 50. Ho accordato i violini nel petto. Scordato le melodie. Messo d'accordo tutti. E preso accordi con nessuno. Ho osservato la gente, solo dopo aver guardato bene me stessa. In un tempo di paura come questo c'è chi provvede a riesumare semi sepolti per nutrire merli, cince e fringuelli e chi seppellisce chili e chili di chicchi di mela per vedere se cresce una pianta di cianuro. Le ceneri di Fenice intanto volano. Lasciando una scia di mirra incenso e nardo, assieme alle lacrime. Le ceneri sono finite negli occhi. T