Il suono della campanella infine è arrivato.
È riecheggiato forte e deciso, strampalando fuori dalle finestre spalancate.
È rotolato giù dai muri per saltellare sopra i sassi delle strade.
Ha preso il volo assieme alle farfalle, alle libellule e a qualche desiderio.
E, nel mentre, mi è vibrato dentro.
Mi ero scordata di come vibra. Diapason.
A mia insaputa, mi si è infilato nel timpano e ha rimbalzato nella cassa toracica, muovendosi dentro di me con passo dinoccolato.
Ci sono emozioni che tornano, quando meno te l'aspetti. Succede anche con alcuni ricordi.
Il suono della campanella e la pallina di carta e scotch, l'albero di cachi dietro alla finestra, le mie matite e i pennarelli blu, il crocifisso appeso storto, l'Italia politica e quella fisica.
Le occupazioni, le assemblee di istituto, l'arancio del manifesto, la smemo e le questioni di lana caprina, i satiri e la satira.
La matematica teorica e quella applicata. La vita applicata, in teoria.
I colori primari e le scuole secondarie. Le scuole dell'obbligo e gli obblighi scolastici. La libertà di pensiero e il dubbio che rende liberi. Il teatro e la commedia. Prendila con filosofia. L'abcdario e la calcolatrice.
Il profumo della polvere dei gessetti, quello buono della prof, quello del disinfettante, quello di sudore prima e dopo la palestra. Quello della gomma delle suole e della gomma da masticare.
Il suono della campanella. Mi mancava.
Ognuno ha il suo.