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Il capitano


Dicono che il mare, oggi, sia sospinto da una energia cinetica che arriva da molto lontano. Si infrange qui, su questi scogli ruggine e salsedine e contro le mie ossa.
Le modellasse, queste mie ossa, e le colorasse di ciano e di cobalto, diventerei conchiglia e darei riparo ai paguri molli, alle spugne spongiose e agli anemoni in fiore, vorticando assieme ai sassi, ma senza vertigine.


Da levante, intanto, soffia quel vento giovane e distratto che, scendendo giù dal promontorio, spettina i pini marittimi e confonde cielo, mare e sassi in un'unica sfumatura d'argento e di latte.

Si intrecciano qui la materia e l'antimateria ed io scompaio in questo vortice magnetico.

Gran vento fin dove spingi i desideri degli uomini?

Porti disordine nel mio cuore col tuo fascino ambiguo di richiamo lontano d'uccello disperso!
Scompigli le mie cellule, sarte di vele, e mi gonfi d'acqua salata, rendendo calcarei i miei pensieri.

Dovrei ritrovarmi in questo libero fluire e invece mi sento come il paguro floscio, senza pancia e senza istinto di direzione.

Allora resto a guardare chi abita questa spiaggia oggi e come si protegge dal vento. Sto immobile, come materia grezza di me stessa, lasciando che refolo, infilandosi tra le mie feritoie, possa modellarmi e fare scultura azzurra di me, anche senza mia ispirazione.

Dicono che stanotte il capitano salirà sui trampoli e, a passi da gigante, attraverserà il mare per raggiungere la sua stella all'orizzonte e sostituire, così, il neon del faro, giù al porto.