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ESTASI PANICA

Oggi mi sono schiantata contro un attacco di panico. Iperventilazione inarrestabile. Fiato spezzato. Sguardo vitreo e inarrivabile. Apnea, ed infine, pausa di respiro. Non me l'aspettavo! Che respirassi in fretta sì, che tirassi dentro aria e la mangiassi come si mangia il vento sì,  ma che, ad un certo punto, smettessi di respirare, no.  Non me l'aspettavo! Periarresto respiratorio.  Ossigeno insufficiente  Ho avuto paura,  quando hai smesso di respirare! Non si Muore di Panico! Soprattutto se hai Diciannove Anni! Ho avuto paura. Dio solo sa quanta! Mi si è annebbiata la vista. Dove sta scritto che sappiamo sempre cosa fare? Come interrompere la folle orgia di Pan dentro di te? Come domare il satiro capra umana, rinnegato dalla madre, che ululava la sua infelicità nella tua caverna buia? Come zittire i suoi gemiti assordanti e frenare gli zoccoli di becco scalpitanti che ti tranciavano la trachea? Ho avuto paura del moles

Les Petites Madeleines

Vi sono sere in cui l'aria essuda di una dolcezza che è oltremisura . Eccessi di molecole fluttuano nell'aria, penetrando ed eccitando, inconsapevolmente . Millenni di evoluzione cortoicircuitano nel mio minuscolo mondo.  Le api, silenziosamente, godono. La pelle ricorda con piacere le sue maree di zucchero fuso. I gufi si gonfiano su rami lontani bubuuu, bubuuuu. Le lumache bagnano di memoria i loro giacigli d'amore. Le mosche, fameliche, girano in quadrati sempre più stretti. I petali dei fiori prendono colore. Il giallo cola sui pistilli e l'erba scopre il verde. La notte eccede in una  rumorosa ispirazione. Una sovrabbondanza mi attraversa,  ferendomi. Sento il prato inumidirsi. La goccia notturna generarsi dal nulla. Mi giungono secrezioni lontanissime  e gli umori della scimmia  che porta avanti la specie. Sento l'asfalto e le sue storie  finite in una shock room. Sento l'uva, maturata in autunno sui tralci, distruggere gli epatociti della giovane donna, c

SI VENDONO SCIARPE E CAPPOTTI

Stanotte ho curato la signora P, classe 1933. Accedeva in Pronto Soccorso per ittero. Colecisti infiammata, pareti ispessite ed una pietra a bloccare il deflusso della bile. P ha una forma di demenza senile, di quelle belle, però, ma belle per davvero! Lei ride, ride e le brillano gli occhi, due gocce di rugiada sulle viole. P è di Taranto e,  nella sua testa, gira un ricordo lontano. Una giostra di cavalli bianchi, un giradischi inceppato, un tatuaggio inciso nella corteccia limbica Lei è ferma lì. In quel ricordo. Il resto, inezie!  Che bellezza che sei P! Tu parli del mare, delle cozze cur 'a mullica dentro e il limone, mi raccomando! "Mio padre era calzolaio, aggiustava 'i scarpe, che era pure importante perché non ne avevi tante (di scarpe )! Mamma mia, però, che bello che è 'u mare, bello pe' davvero, azzurro, e quanto cibo ti danno lì! Tu ti siedi e uuuhhh, ti servono! E poi 'u vino, beh, 'u primitivo è il padrone, però pure mio padre lo faceva

TRAME NOTTURNE

La notte ha un profumo nuovo. Un glicine sta fiorendo,  non lontano da qui, e un bonsai,  potato dalle mani del sole, cresce nel suo silenzioso groviglio di forze. Stanotte i giacinti regalano sfumature blu di Persia alle stelle impacciate,  e le camelie già fanno biancheggiare l'orizzonte. Alle tre di notte, i corpi sono al loro minimo vitale,  ma non gli spiriti che intessono dialoghi turbinosi  nelle viscere di chi veglia e trame di scene oscure nei solchi di chi sogna. Un lombrico si mette in marcia Un petalo bacia la rugiada. Esiste un'ora, nel cuore della notte, che non appartiene a nessuno, se non alla notte stessa.  Lì possiamo Guardarci Cercarci Parlarci Confonderci Scordarci Amarci. Perle tra i porci.    (i pensieri sono di ora, ore 3 di una notte di guardia, la foto è di una notte a Kathmandu)

Il coraggio verrà

Scrivo queste poche righe per ringraziare pubblicamente l'autrice per le pagine che ci ha regalato.  Ho conosciuto Sara alla presentazione del libro cui sono andata perché incuriosita dal suo precedente podcast " Carla, una ragazza del '900 ", la cui grazia mi ha, letteralmente, rapita. Il libro lo si divora, lo si tiene sotto braccio tra una fermata e l'altra, tra uno spostamento e l'altro, mentre si aspetta il caffè al bar, così da poterlo leggere nell'attesa, tanto è il desiderio di seguire la storia di queste due donne, così lontane, eppure così vicine, immerse nella loro spazio- temporalità così umana, che poi, a ben vedere, è quella di ciascuno di noi. Mi ha colpito, innanzitutto, la dedizione con cui l'autrice ha cercato di ricostruire la vita di Maria Silvia.  È davvero interessante seguire gli spostamenti di Sara alla ricerca di Lei. "Mariasì" prende forma, colori, odori, identità, mano a mano che l'autrice riesce a

DUBBI, FINESTRE E PELUCHE. [A].

A. mi ha insegnato  che essere attaccati alla Vita è davvero importante. Che il desiderio è spinta vitale,  che la rabbia è meglio della tristezza e la compassione vera nobiltà d'animo. Mi ha insegnato  che gli abissi si guardano,  anche quando fanno paura,  soprattutto quando. Che la corteccia copre,  ma l'inconscio svela. Che quella zona oscura, terrificante e diversamente silenziosa che ci abita in realtà  è una  poesia  senza parole, potente seduzione capace di condurre in luoghi inaccessibili, con la medesima audacia di un giovane e travolgente amore. A.  mi ha insegnato  che non esiste un limite di età, di tempo e di spazio per conoscere davvero  sé stessi e che questa  è l'unica vera scommessa con Cronos, il tiranno. Che dopo è meglio che mai . E che l'amore è tutto,  o, quantomeno, gran parte del senso di ogni cosa.  L'amore ricevuto, ma anche e forse soprattutto, quello donato. A.  mi ha insegnato che resterà un ricordo della coerenza,  ma

Era di Novembre

Jack intanto se ne è andato.  Zitto zitto è partito, in una notte di stelle ruvide, densa come il catrame e buia come la bocca di un orso. A bordo di un transatlantico ha raggiunto l'Oriente. Gli ribolliva mosto bruno nelle vene ed un caimano gli mordeva il cuore. Ha portato con sé solo del burro di arachidi, una foto sgualcita ed una manciata di tabacco, acre come l'odore della pelle quando è ancora giovane. Ha camminato Jack.  Ha ingoiato così tanta polvere che ora la sua anima è un calco perfetto e il suo corpo soltanto un involucro vuoto. Ha fatto fatica Jack. Quando il sole picchiava duro e il sudore era l'unica acqua che gli restava sulla lingua riarsa. Ha avuto fame Jack. E sete. E sonno. E paura. E freddo. Ha dormito coi topi, gli scarafaggi ed i serpenti, mentre due tarme si facevano strada dentro di lui, creando cunicoli in cui rimbombavano ricordi e poesie. Ha offerto tabacco ad una vecchia rugosa che, in cambio, gli ha più volte benedetto la via. Ha

Alle 9 del mattino

Alle 9 del mattino una foglia gialla mi trafigge. Il mio petto interrompe la sua caduta al suolo.  Chiede di farsi cullare in una ninnananna silenziosa solo mia e sua. Immobile resta, ad occhi chiusi, schiacciata tra il vento ed il mio incedere veloce, nonostante tutto, qui attorno, implori lentezza. Alle 9 del mattino sei volatili partono, in assetto di guerra, sorvolando i tetti bruni.  Il cielo è un bianco foglio, steso sopra le nostre teste, di carbone hanno, invece, loro le ali. S'agitano dentro alla mia gabbia toracica, per il breve tempo del loro passaggio e subito volano via. Ma ormai è bucato il velo del quotidiano. Alle 9 del mattino l'uva americana rampica per un grigio muro scrostato, esplode in un eccesso di carminio, amaranto e borgogna.  Odora di vinaccia e di sangria in mezzo a treni rumorosi, macchine e persone delle 9 del mattino. Alle 9 del mattino  fumano comignoli lenti, in una volta priva di nuvole.  Tepori aereiformi salgono da pire interiori, anticipando

Controvento

Ho una finestra che dà sull'Arancione. Le antenne, come esili grù, stanno sui tetti d'ambra.  Hanno occhi attenti e becco puntato a nord. Lo sanno che i predatori sono in agguato, fanno buche dentro al cuore e attaccano,  quando meno te lo aspetti. Il cielo timidamente s'azzurra. Uno strappo di turchese squarcia il lenzuolo del fantasma che tutti indossiamo. Distrae, cerca di far sorridere, fa il clown, come un figlio che non tollera le lacrime di una madre. Ognuno va per la sua via.  Timidamente avanza, per come può,  chiedendo conforto ad amici interiori. Bisogna avanzare cauti, portare rispetto verso il viaggio che ciascuno sta compiendo,  sostare sull'uscio se non ti è dato il permesso di entrare,  imparare la leggerezza della gatta, e la delicatezza del soffiatore di vetro, che le cose, sai, si rompono per molto poco! La gioia può aprire voragini di tristezza,  se hai l'anima sensibile . E l'a

ZÙCCARO e SALE

Sgorga, da un demone ancor più inclemente, "Zuccaro e Sale".  Bonifica delle radici.  Un popolo si muove nella testa e morti abitano un cimitero interiore. Spiriti buoni alitano sul collo ed avi premurosi mi tengono in seno. Il racconto di una vita può essere più importante della vita stessa. "Zuccaro e Sale".  Casa editrice " il filo di Arianna"  Prefazione: Barbara Colombotto Rosso. Da oggi disponibile nelle librerie ed on- line. È settembre, 2022. Amen.

What else?

Ho silenzi profondissimi ed Improvvisi. Come aliti di vento spengono fiamme tremule, regalandomi alla potenza della penombra . Ho paure aggrappate al cuore con mani di bimba.  Se ne stanno lì, a penzoloni su un burrone di spaventose  possibilità . Ho sospiri lenti e fondi che dettano un ritmo a ciò che ancora non ha forma dentro di me eppure chiede di danzare . Non temere i miei vuoti, in quelle sere, l'aria si muove più forte ed una scintilla potrebbe divampare, scaldando . Ho bisogno di altri svelamenti e di sbucciare ancora la cipolla viola e sentire quanto è dolce e nauseante. Ho bisogno dell'imperfezione di muri che sgocciolano al calar del sole.  Ho bisogno di parole, ma ancor di più della solidarietà di un silenzio buono in cui concederci il lusso di entrare. È dove ho più incertezze che mi ritrovo perché lì posso sostare, senza giudizio e compiere atti di umiltà e di libertà. Lì riesco a stupirmi. Creare il vuoto dentro significa fare spazio.  What else?

TIP TAP

Rivoli sui tetti. Shhhh. Senti come Scivola. Ora ho due pozzanghere nel torace. Sgocciolo. Le campanule si fanno croccanti. Saranno buone per il pranzo. Un dardo liquido mi trapassa l'ombelico. Reo, scorre. L'acqua scopre vecchi intonaci sulle mie pareti, colandomi dentro. Cosa è successo? Ci sono territori in cui bisogna cambiare forma per potervi accedere. Balla il tip tap in minuscole scarpe, la Pioggia.    Ph scattata in Corso Garibaldi, qualche tempo fa.

Che terribile banalità!

Oggi ho incontrato un corpo.  Un corpo e un dolore.  Un corpo, un dolore e una morte. Coinquilini affiatati. In alcuni giorni capita, più che in altri. Il rigor mortis lo hai scambiato per una carezza vigorosa. "Mi stringe, lo vede anche lei?" (Certo che vedo) "Io qui sto bene, qui voglio restare, per sempre"  (Accanto ad un corpo morto,  per sempre). Ripercorrevi i suoi tatuaggi, la legion d'onore sul bicipite destro. Lui, un City Angel, dicevi. Come la baciavi quella pelle! (Chissà se l'accarezzavi così, le altre volte?)  Ormai è di cera. Lui, nel mentre, cambiava colore ed espressione; si detendeva, lasciava andare ogni tensione, anche quelle che solo l'amore ti fa conoscere, distendeva le rughe del volto e i solchi dell'anima. Lasciava andare tutto.  Io restavo inerme. Ignoravo tutto di voi. L'anamnesi esistenziale, di solito, non si indaga. Una bolla silenziosa, intanto, decideva di inghiottirci. Come un pesce, i sensi mi si spostavano nello

Senza Sussurri

Lacrime. Resina di pino. Ho chiesto al mare di mostrarmi il suo mistero. Ma tu, mare, saresti lo stesso senza l'uomo ad accogliere la tua inquietudine? Ti agiteresti comunque, inciamperesti in onde fruscianti, saporose di vita? Sai amico, temo di no. Allora rotolati pure ed agita la mia anima in ascolto di te.  Naufragami alla deriva di me stessa. Il cielo lampeggia  oltre l'orizzonte stipato di salsedine. Che fai? È notte fonda! Gli umani dell'emisfero boreale dormono, stolto! Chi pensi si curi di te e dei tuoi spettacoli, cabaret d'autore? Poesie silenziose, le tue, sulla nera lavagna di stelle tremule e timorose.  Mi spaventa la tua audacia, lo sai? Ma sia. Sia. Ombrelloni chiusi restano, nella notte blu cobalto. Paiono missili pronti al lancio, traiettorie che trapassano un cielo di carne. Restate, vi prego, come spaventapasseri infilzati in quel campo di girasoli che è il mio cuore. Un mistero enorme ci avvolge, mentre la notte abbraccia le stelle, amandole, senza

Colonne d'Ercole e tabù

Che fine ha fatto Jack? Jack è alle prese con la sua pagina bianca.  Cotone e latte. È alle prese col mare di mezzogiorno, quando l'acqua si fa oro e cola nell'iride, accecando. La bottiglia del gin è vuota, ma Jack non sente più il bisogno di riempirla, perché ormai ha scoperto il profumo del ginepro. Jack si è fatto cactus.  Versate tutte le lacrime che aveva in corpo, ora vive in un deserto sacro.  Sa che poche gocce sono quelle che danno vita. Sorride senza pretese. Ormai la sua pelle profuma di aloe. È più pianta che uomo. Si chiede ancora perché gli uccelli non cadano e sogna ancora di avere le ossa del rapace ed i pensieri del paguro, ma ormai ha capito che il vuoto non è uno spazio da riempire a tutti i costi e  che il silenzio è la scenografia delle esibizioni più belle. Il rumore non fa più per lui, né la voce alta, non la rabbia, non l'indifferenza, neppure gli spazi limitati. Vuole ascoltare, più che essere ascoltato e seminare più che raccogliere. Per questo ha

Fiori recisi. Estirpate dal vento. Madri con figlie

Oggi, per la prima volta esco con un pezzo non mio, ma di una persona che sa scavarmi dentro come pochi, pur essendoci viste una volta.  Una soltanto. Il mio grazie a Barbara Colombotto Rosso che sa trapassarmi, ogni volta. Che cosa sono gli Aforismana di Barbarah Katia Guglielmana, coautrice di Tributo Naturale (Univers Edizioni, 2021) insieme ad Ilaria Francesca Martino?  Sono una sorta di divertissement al rovescio, anziché distrarre l’uomo dai propri problemi esistenziali, secondo il significato filosofico dato al termine da Blaise Pascal, lo avvicinano, lo inducono alla riflessione, lo provocano con grazia, una specie di gentile irriverenza.        Sono un gomitolo, nero o rosso, che si dipana sotto lo slancio vitale ed impulsivo della loro creatrice, assumendo la forma di un esile personaggio, forte come un giunco, che richiama alla memoria i disegni infantili con le loro crude, ma rassicuranti verità, oppure quegli efficacissimi disegni rupestri con i quali gli uomini primitivi

Note di Luna

Parlami delle tue vene. Dei tuoi letarghi. Delle tue maree. Dei tuoi naufragi. Parlami della tua bellezza e poi fanne perlage d'oro da appoggiare sulla mia lingua. Parlami della morte e della possibilità di una resurrezione. Dammi una pietra da spostare sul sepolcro ed un bouquet di gelsomini blu. E rose. Dammi rose d'ogni colore per abbellire il mio giardino, nei giorni dell'inverno. E la mentuccia E il cardamomo. Dammi uno spicchio di te, amaca di cellule,  per cullare il mio cuore di carne tremula. Dammi i gabbiani e la pace. Raccontami la tua storia. Parlami degli svincoli, a luci spente,  e delle gallerie scavate dentro alle tue montagne di alluminio e magnesio. Parlami delle frane che hanno generato i crateri dove oggi custodisci l'acqua per nutrire i tuoi girini. Parlami di tua madre e delle sue mani di perla, soprattutto di quelle e di tuo padre e dei suoi capelli di vento, soprattutto di questo. Parlami dell'uovo che ti ha contenuto. Guscio di stelle.