Passa ai contenuti principali

Post

120 grammi

Sono fatta di un materiale che si sbriciola e s'ottunde e si incrina all'urto. So che mi spezzerei facilmente se dovessi reggere un grammo in più di quel che porto. Quando l'ho detto a mia nonna, lei mi ha sorriso. "Che peso reggi tu, signorina, che non arrivi a sette anni?" "La mia anima" ho risposto," la tengo a due mani". La Nena ha arricciato la fronte, ha preso tempo. Ne prende sempre prima di dire la sua. Ed è di quel tempo che io ho paura. "E come mai devi tenerla su?" mi ha domandato.  Sorrideva. Niente mi prende più del sorriso.  Chi in avvenire mi sorriderà, avrà su di me potere. "Non posso distrarmi, nonna. Non posso farlo neanche un minuto. Passerò la vita con le mani occupate, a stringere lei". (Antonia Pozzi, una grazia di cui disfarsi) Esce oggi "Io sono Kore". Casa Editrice: Albatros, Il Filo.  Collana: Nuove Voci. Prefazione di Barbara Alberti. Recensione di Maria Grazia Brunori. Con la collaborazi...

Coca zero, Aperol, Lemonsoda.

Poi un giorno Jack, sì, quello che se suonava la tromba il cielo diventava di fuoco, prese suo fratello e gli disse: "io me ne vado in America!"  " E, sentiamo un po' Jack" gli rispose il fratello "che c'è in America che qui non hai?" Allora Jack, abbassando la tromba, e guardando il cielo, gli disse, con calma:  "è questo il punto, fratello, io, semplicemente, ho nostalgia dell'America. Della mia America" "Cioè?" Chiese il fratello, senza troppo capire. Allora Jack riprese: "La mia America è mare e buona musica. La mia America è nostalgia. Nostalgia pura. Ma di me stesso, fratello. La mia America io me la sogno tutte le notti e puntualmente me la dimentico, al risveglio. La mia America, fratello, è il mio desiderio.  È il chewing gum al cacao e rum che non hanno ancora inventato. È la malinconia di cui tanti hanno scritto, ma ancora in pochi. È il miglior jazz, non ancora suonato. È il tempo giusto. Il mio. È la tens...

BEVEVA GIN MARE

È sera. Le vie sono deserte.  Un tipo, lì dietro alla finestra illuminata, suona il pianoforte.  Lei l'ascolta, sorseggia del gin mare e, senza che nessuno se ne accorga, sputa l'alga.  La userà come segnalibro nel suo quaderno proibito.  Sì! Perché lei, lei, dentro ha l'oceano, tutto intero.  Lui non se ne accorge, forse non lo sa,  ed infatti, continua a suonare.  In cucina due ballano, sono scalzi.  Ci sono piatti sporchi e due dita di Traminer.  Quei due, invece, parlano. E lo rifanno.  E poi ancora.  Si sono amati, solo che non se lo ricordano più.  Quella casa sa di cera d'api.  Quella di rum e menta.  Quella sa di gelso selvatico e fico.  Quella sa di tabacco mescolato a due gocce di Yves Saint Laurent.  La mia,  questa,  questa sera,  sa di acqua di colonia,  quella di zio, il fabbro, che mi faceva autografare i libri di poesia.  Dai poeti. Sa dei pini della Sila e della n...

L'UDIENZA È TOLTA

Da un tempo relativamente breve mi accorgo di essere affascinata dal simbolo. Immagine evocativa. Segno silenzioso. Discorso senza parole. Forse perché, col tempo, ho capito quanto sarebbe bello essere così: essenziali. Ma, ne sono ancora lontana ed ecco forse il motivo di tanta attrazione e di altrettanta dispersione. Mi prende, tuttavia, talvolta, quel desiderio impellente (chi non l'ha mai provato?) per cui vorrei che chi mi sta davanti capisse tutto, ma proprio tutto, di me semplicemente da una smorfia di una mia ruga, dal fugace bagliore sotto la palpebra, dal tremolio indispettito della ciglia stanca, dallo sguardo che, posandosi su un oggetto, mima un silenzioso "time out". Il desiderio che questo accada mi si muove addosso, da tempo, come un acaro mendace sottopelle che genera un fastidioso prurito. A volte abbiamo bisogno delle parole esattamente come l'aria ha bisogno del polline, per fecondare i prati. Altre volte, invece, le parole sono come un greg...

AMARSI

https://youtu.be/b43tnmCxFMY

METAMORFOSI (366 volte in 10000 anni)

Ho  Scorso Scalato Scardinato Ho    Confuso                 E                Contrastato.                                                  Mai  scansato.                                Ora                             Scendo                             Scivolo                             Scelgo                        Non mi sciupo                      Non sono scia...

/Ri·fles·sió·ne/

Dal vocabolario della lingua italiana. -Sostantivo femminile. 1. Fis . Fenomeno per cui un raggio di luce viene rinviato o deviato da una superficie riflettente; per estensione, lo stesso fenomeno riferito a onde di altra natura 2. Fig . Considerazione attenta, espressione di consapevolezza nell'esercizio del pensiero. 3. Fil . Momento del processo conoscitivo in cui l’intelletto non soltanto conosce, ma anche sa di conoscere e assume a oggetto sé stesso. Esempi di riflessioni: La matrigna Grimilde che si riflette nello specchio (ed  incrementa la sua vulnerabilità ). Narciso che si riflette nello specchio ( e si innnamora ). Il Basilisco che si riflette nello specchio ( e muore ). Archimede che fa una riflessione, a caldo, con gli specchi ( e uccide ). Alice che, nello specchio, ci passa (e non  riflette ). Borges che, sullo specchio, riflette per una vita intera ( con ossessione parziale ) I vampiri che, nello specchio, non si riflettono (...

OscillAzione

Ieri mi hanno detto che sono concava. Una conca. Non pensavo di avere una forma diversa dall'homunculus di Penfield. Allora ho pensato alla mia conca, ma mi sono immaginata così: Una conca verticale, insomma,  una linea piegata dal vento. Perché è la verticalità che mi attrae,  più dell'orizzontalità. E difatti, soffro terribilmente di vertigini. Altalena basculante,  con perno nell'ombelico, Così, in tempi alterni, sprofondo nel mio mondo sommerso accessibile solo agli scarafaggi, ai pipistrelli e agli spifferi d'aria  e salgo laddove la nebbia scompare e brividano pure i pappagalli. (ma lo faccio con ilarità bambina, non ti tedio, non defletto e non eccedo). Oscillazione. Ogni tanto mantengo l'equilibrio, faccio perno sul baricentro che sta nell'ombelico,  mi aggrappo al mio funicolo embrionale,     cicatrice della nascita,  epicentro della mia storia,  vecchia come il mondo. Ci sono altezze precipitose  e profondità p...

Questione di fecondi

Poi arriva il giorno in cui capisci che il dolore puo' prendere la forma di ciò che lo contiene, esattamente come il latte dentro la sua scatola di cartone o il tonno nella sua lattina. Capisci anche che quando si è tristi, si possono fare cose straordinarie. Ti ricordi, così, quasi all'improvviso, che il desiderio è il secondo dio venuto al mondo. Il primo è il caos e nel suo ventre fecondo, oggi cerchi rifugio, senza più alcun timore. Così ti accorgi di poter sentire, come fosse una magia, il canto del lombrico innamorato della sua stella. Allora, taci. Muta, resti in ascolto, ormai cresciuta. Ed è Kosmos, fuori e dentro di te. Il borgo visto da Lungoticino Sforza. Pavia  

NUOVO

Quando riuscirò ad accogliere il tuo dolore, coniugato al maschile mi sentirò donna, a tutti gli effetti. Quando ascolterò, la tua inquietudine figlia senza sentire l'urgenza di aiutarti, sarò davvero madre dentro.  Quando deciderò di fare spazio alla fragilità di chi mi ha generato, smetterò, naturalmente, di fare i capricci. Quando tratterò le tue esili fibre esattamente come farò con le mie per paura si spezzino, sarò migliore di adesso. E se per caso avrò fatto tutto in silenzio, allora la mia trasformazione sarà fragorosa.     Quadro di Koketit "love has its cracks"

ALBE

          https://youtu.be/5JSZ13MNmF0

CROMOTERAPIA

Fammi ridere a crepapelle Cioè ridere così tanto da cambiare pelle. Come un geco, lasciare il grigio scuro  e virare verso il rosa shocking o il pois. Fammi sbellicare dalle risate Cioè smettere di combattere, scivolare nell'ombelico  e annegare nel benessere interiore. Fammi scompisciare dalle risate. Ma in maniera aulica. Fammi sbudellare dal ridere e poi ancora ridere fino all'osso sì da sciogliermi in grosse e grasse risate. Burro nella padella. Fammici ridere su Quando sto giù. E ridere di gusto e di olfatto  Fallo con tatto, soprattutto. Vellica la pancia alla mia anima e sbrodoliamoci addosso un po' di buonumore. Fammi sentire una sposa. Inondandomi di riso.

LE REGOLE DEL GIOCO

BACIAMI ANCORA

Alla fine  Dobbiamo  Baciare la strega. Corriamo. Lei ci insegue. Allora bisogna fermarsi. Aspettarla. Averne paura. Guardarla negli occhi e pure innamorarsene un po'. Per davvero.  Altrimenti non vale. Lei lo sa.  Lo capisce. E ti lascia nel tuo brodo,  a generare muffe. Tu Non cambi. Tu Resti uguale. "Rien ne va plus, les jeux sont faits"  ti dice intanto il tuo crupier. Se, invece, la vai a cercare, la strega,  in mezzo al tuo bosco di larici giganti, se non hai paura di appoggiare le tue labbra sulle sue così da sentire il suo alito gelido entrarti dentro e congelarti fin dentro le ossa, ecco che, allora, lei potrebbe  iniziare a farti le domande giuste. Solo se stai attenta, lei potrebbe mostrarti  l'ombra dietro alle madri e lo scheletro dei padri. Gli incubi di ogni figlio  ed i tormenti dei fratelli. Il dolore di chi ama e le scuse di chi è amato. Ma anche la fobia di cui, in realtà, soffre il ragno e la nevrosi che fa roteare il...

PER UN PUGNO DI DOLLARI

Mi hanno tagliato la testa, ma, stupidi, non sapevano che i miei pensieri sono vapore, acqua, rugiada e tempesta. Mi hanno reciso i seni, ma non sapevano, ingenui, che il mio latte stava irrigando un'altra terra e che io stavo allattando me stessa. Mi hanno tolto l'utero, che stolti, non sapevano che i miei figli sono già altrove. Forse il bisturi con cui mi hanno tagliata era arrugginito e i tagli hanno fatto infezione, ma ora ho gli anticorpi per proteggermi dal male che non mi meritavo. Forse hai cercato i miei frutti nei posti sbagliati o io li ho tenuti troppo nascosti. Poco importa, adesso. Forse non hai capito i miei labirinti, ed infatti non sei stato capace di perderti, ma non te ne faccio più una colpa. Lacerata nelle fibre, ora so quanto sono resistenti. Finalmente mescolo il mio buio ai miei sogni e impasto la mia materia senza paura, anzi rido in compagnia dei miei  demoni potenti e compassionevoli. Nella mia grotta ho trovato rifugio. Un utero più g...

"Oye chica, ¿por qué no abres la puerta?"

Hai mai incontrato il tuo duende ? Il mio è una vecchia rugosa che balla il flamenco. Già correva sotto la pelle, ma io pensavo fosse orticaria . Bussava alla porta del mio cuore:  "oye chica, ¿por qué no abres la puerta?"  ed io chiamavo quei colpi decisi " extrasistoli "! Saltellava sui miei metatarsi, quel demonio, ed io mi sentivo accelerata nel passo ma mi imponevo di rallentare, per stare al passo degli altri . Mi affollava la testa, la gitana scaltra, con le sue storie da marinai ed io mi curavo per l'emicrania . Mi bruciava il sangue, quel fauno travestito, ed io ingoiavo pasticche per la gastrite . (scattata in via Lunga, già degli Unni, Pavia) Poi, finalmente, io e il duende ci siamo riconosciuti.  È successo in un pomeriggio di aprile. Da allora io e il duende balliamo, balliamo e balliamo ancora. Spesso ci succede di farlo anche senza musica, al ritmo di quell'inquietudine che ora so a cosa serve. Al vuoto, io e il duende , scattiam...