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OscillAzione

Ieri mi hanno detto che sono concava.
Una conca.

Non pensavo di avere una forma diversa dall'homunculus di Penfield.

Allora ho pensato alla mia conca, ma mi sono immaginata così:


Una conca verticale, insomma, 
una linea piegata dal vento.
Perché è la verticalità che mi attrae, 
più dell'orizzontalità.
E difatti, soffro terribilmente di vertigini.

Altalena basculante, 
con perno nell'ombelico,
Così, in tempi alterni,
sprofondo nel mio mondo sommerso accessibile solo agli scarafaggi, ai pipistrelli e agli spifferi d'aria 
e
salgo laddove la nebbia scompare e brividano pure i pappagalli.

(ma lo faccio con ilarità bambina, non ti tedio, non defletto e non eccedo).

Oscillazione.

Ogni tanto mantengo l'equilibrio,
faccio perno sul baricentro che sta nell'ombelico, 
mi aggrappo al mio funicolo embrionale,    
cicatrice della nascita, 
epicentro della mia storia, 
vecchia come il mondo.

Ci sono altezze precipitose 
e profondità per cui non basta una vita.

Ossimori dell'esistenza.

Commenti

  1. Che bello vedere la comunione concettuale fra tratto grafico e parola.
    Mi ha richiamato alla mente il “Concavo-Convesso” di Munari. Artista complesso e primo a creare installazioni ambientali nella storia dell’arte italiana, con la pressante necessità di ottenere il massimo della funzionalità espressiva con il minimo impiego di materiale: il massimo con il minimo.
    Focalizzò lo sviluppo delle sue opere intorno ad alcuni elementi per lui essenziali: forma, movimento, leggerezza, semplicità ed uso della luce. Non ultima l’economicità.
    Prerequisiti per raggiungere un pubblico vasto da “seminare” di idee, bellezza, cultura.
    Rifiutando di creare oggetti d'arte intenzionalmente fatti con materiali costosi.
    Ma non si può evitare di scorgere, dietro queste opere una certa speculazione filosofica: la forma non ha un inizio ed una fine, cerca di rappresentare l'infinito attraverso una forma finita.
    Quello che per Munari è lo spazio fisico occupato dall’opera, qui vedo la parola diventare, o richiamare, il luogo in cui il tratto, l’immagine, si installano così che luogo (la parola) e immagine diventano un’unica installazione che getteranno semi nel lettore che vi accede.
    Da Munari, ritrovato in questo bel post, non è stato un passo lungo arrivare a ricordare Bozzola.
    Anch’egli membro del MAC, artista della forma astratta, si, ma mai puramente geometrica. Al contrario, primordiale, germinativa, pulsante. Forma ancestrale, estratta dalle profondità della memoria e resa vitale.
    Dorfles riconobbe in queste opere il “motore immobile” di Aristotele e d’un soffio ci si immerge nel “De l'infinito, universo e mondi” di Giordano Bruno che smonta la teoria aristotelica portandoci fuori da quella stellifera concavità teorizzata dai peripatetici e aprendo la nostra immaginazione all’infinità dell’universo.
    In questo suo tratto concavo, e convesso allo stesso tempo, vedo lo stesso tendere all’infinito che, Dorfles non me ne voglia, vedo in Munari e negli altri concretisti. Spazio chiuso e allo stesso tempo aperto. Mobile e immobile. Rigido e flessibile.
    Una concavità che è il luogo della gestatio apportatrice di vitalità e, al contempo, una convessità da accogliere, cui avvolgersi intorno.
    Il punto poi, centro e baricentro di un pensiero, germoglio, ombelico da solleticare per scatenare “l’ilarità bambina”, perno per lanciare l’altalena in alto…
    Grazie. Mi è tornata la voglia di costruire con le piccole cose, di usare la leggerezza per andare a fondo.
    Non smetta di seminare. Abbiamo bisogno che il mondo venga seminato di cultura e bellezza semplici, eleganti, gentili.

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    Risposte
    1. La ringrazio per questo suo commento denso di spunti e visioni. Mi ha condotta in stanze d'esposizione spazio-temporali, come in una mostra d'arte, e mi ha fatta spaziare ben oltre il piccolo mondo dei miei pensieri oscillanti. Sono spiazzata e colpita da tanta bellezza che si è generata! Non posso far altro che ringraziarla di cuore per aver condiviso qui tutto questo! I.

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  2. Leave
    your ego,
    play the
    music,
    love
    the people.

    Luther Allison


    Siamo tutti in una orchestra, anche Lei dell'Hippocampus.
    Provetti musicisti che hanno la loro nota da imparare da uno spartito comune, e con uno strumento diverso ognuno produrrà un suo suono, che si alzerà all'unisono. O cadrà, fuori dalla lezione.
    Iperbole, stonature, approfondimenti, orizzontalità che mascherano,
    e silenzi.
    Ognuno con la sua figura retorica.
    Ossimori dell'esistenza, li chiama Lei.

    Sa qual'é la figura che suono io,
    -Lei che ha la concavità e la convessità nella stessa mano?
    Sa a quale lembo di pelle mi aggrappo io,
    -Lei che dal suo ombelico può tracciare un cerchio, e infiniti raggi di vita?
    Sa che tipo di movimento posso auspicarmi,
    -Lei che scrive di Oscillazione per se stessa?

    Lezioni di violino e cervicalgie. Lezioni di canto e senza voce.

    La chitarra non me la portarono e oggi sette corde sarebbero troppe da far ballare.

    C'è chi ha un mappamondo dentro e può girarlo all'esterno, e c'è chi ha una tabula rasa, e va a vedere il mondo degli altri per sentire della musica.


    Pietro Zattera

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    Risposte
    1. Gentile Pietro che mi legge e commenta, grazie! La ringrazio per il mondo che va disegnando, usando questo spazio e per la dialettica che si genera.

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  3. https://www.instagram.com/p/CI_CwUFnyg4/?igshid=19z156tj8kutc

    https://www.instagram.com/p/CI6Kcsaj0Ig/?igshid=1kcciwlf7h7sn

    https://www.instagram.com/p/B5F2dIOoHyL/?igshid=gyk0pklw59lu

    G.

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