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COSA MI MANCA



Il treno delle 7.59 dalla stazione di Pavia,
direzione mare.
"EvanescoEvanesca"in libreria tra copertine, pensieri, vocali e consonanti.
Il biciclettaio che mi sistema i freni e la catena. E anche l' odore di gomma nuova, mentre aspetto.
Il vino buono comprato da una amica.
Starsi più vicini.
Gli appuntamenti fissi.
I portoni aperti.
Corso Garibaldi e i suoi ritmi da elegante signora.
La fiumana di zaini, tutti uguali, in corso Cavour all'ora di punta e la difficoltà di andare contro corrente.
Il corso degli odori: kebab, fritti, arancini, focacce, pane fresco, caffè e cappuccino, a tutte le ore. 

La città è deserta.
Perfetta per i fotografi, i creativi e gli spossati.
I sampietrini spiccano nella loro irregolarità, occupando la scena, come i lastroni grigi che sembrano bagnati, anche se non piove.
Le scritte sui muri iniziano la lezione. In attesa del suono della campanella.
La città ha un'anima color bronzo antico.
Me ne accorgo oggi.
Sirene a doppia coda, draghi, diavoli e santi sbucano da ogni dove, sopra i muri ed i portoni, sulle bifore e sui balconi e ti guardano con la coda dell'occhio, distraendosi, ma solo un poco.
Le chiese sono chiuse, ma le campane sono più attente a prendere la nota giusta per chi le ascolta, a distanza.

La città indossa il mio profumo.
Ha i miei colori.
Silenziosa, ascolta i miei pensieri, uno ad uno, e li accoglie con grande pazienza.


Allora io mi confido un po'.




                    (Pavia in questi tempi)