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Oggi ho dovuto ripensare a quello che vorrei archiviare, come ricordo.
Scrivo nero su bianco che così poi lo metto un po' via, nel cassetto.
Ho bisogno di raccontarlo a me stessa, come tutte le cose scritte fino ad oggi su questa pagina virtuale.

I cassetti della memoria sono troppo pieni ed io mi appresto al prossimo trasloco.

Oggi ho il bisogno di fermarmi a riavvolgere la pellicola.
Esattamente come ieri ho creduto di aver bisogno di ballare, a un ritmo tutto mio.

Penso ai fantasmi incontrati.
Non li ho cercati io.
Mi sono venuti a cercare loro, tuttavia.

Il primo fantasna che ho conosciuto è stato il LIMITE.

Il limite e' un inchiostro scuro, un tratto spesso che ti accerchia in un cerchio sempre più stretto. Ti tocca e tu diventi l'uomo nero.

E mentre tutto ti si stringe attorno, ecco che si spezzano una ad una le tue linee.
La linea della conoscenza, tac!
La linea che separa il previsto dall'imprevedibile, tac!
La linea tra ciò che credi di conoscere di te stesso e degli altri e quello che realmente non sai, tac!
La linea tra "chi sì e chi no"
a meno di un metro di distanza. Tac!
Alcuni Tac! hanno fatto male più di altri.

Linee
Linee
Linee
Forse viviamo in un mondo di linee che noi stessi tracciamo in continuazione e, quando si spezzano, queste linee, delineano un nuovo mondo.
Ci cambiano conformazione.
Non c' è un GPS aggiornato. Al momento.

Il secondo fantasma è stato la PAURA.
Mi ha fatto paura la paura!
Mi ha fatto paura guardarla in faccia e trovarla nelle orbite.
Lì stava la paura. Nelle orbite.
Esattamente tra la pupilla e l'iride e mi si è infilata come un serpente sotto la pelle tra le scapole e il sacro. 
E ho lasciato si muovesse, si sa che è meglio stare fermi coi serpenti.

Col terzo fantasma credo di aver dialogato a lungo. Lunghi dialoghi silenziosi, tra gesti, solo all'apparenza, distratti.
La MORTE stava al mio fianco.
Non mi lasciava quasi mai, si infilava nella cornetta del telefono, tra i tasti del computer, nelle stanze improvvisate, sui lettini presi in prestito, nei bocchettoni dell' ossigeno e nelle flebo, ben diluita.
Ci siamo sedute assieme piu' volte, ad aspettare l'alba che scacciasse via i miei incubi, mentre fingevo di dichiararle guerra per farmi coraggio, ma imploravo una tregua, patteggiando vigliaccamente una resa.

Ho assaggiato fino all'ultimo la DESOLAZIONE e, infatti, ho perso il gusto.

Il morbo e' ovunque, ognuno ha il suo, è per strada, forse sta nella nostra ombra e non lo abbiamo ancora capito e ci insegue di giorno e si infila a letto, con noi, di notte.

È dentro di noi come tutti i demoni che ci abitano, perfidi o clementi che siano, sta nelle narici, nelle terminazioni nervose e là dove ognuno di noi colloca le sue proprie paure.

Il tentativo di controllare tutto è l'anticamera del fallimento, il pugno secco in mezzo ai denti. Ora lo so.

Ho incontrato alcuni fantasmi che mi hanno detto che ce ne sono altri in giro.
Ma si sa', li incontra solo chi li vuole davvero vedere, come tutte le cose della vita.

Ma se potessimo spiare dal buco della serratura e vedere oltre?
Quante chiavi avremmo già buttato via? Quante porte spalancato?

Forse questo tempo ci sta autorizzando a spiare oltre il buco della nostra serratura, per capire che succede se si guarda oltre la porta delle nostre finte sicurezze e fragili presunzioni.

Ma si sa' dalla serratura si guarda uno alla volta.
Di chi è il turno?

E mentre aspetti, guarda chi ti si è seduto accanto. Non si sa mai.


                          (Marzo 2020)

https://youtu.be/lY7sXKGZl2w