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ARACNE


Tessero' la mia tela e quello sarà il mio parto.
Tra urla e dolori.
Taglierò fili, corde e cordoni.

Sara' incanto, estasi e piacere,
Dolore, trauma e illusione di potere.

Le mani erano il mio strumento di creazione e il filo la mia pulsione.
Gocce di rugiada i miei sogni proibiti, bramati, ripetuti, ma mai capiti.

Ora striscio, picchietto, agito, inquieto.

Non piu' mi specchio perché il pelo mi disgusta, e parecchio.

Le Parche non sono parche per nulla.
Tagliano i fili coi denti che non hanno.
Vecchie streghe dall'alito ammorbante, 
si fingon sarte, ma son arpie 
senza arte né parte.

Io usavo le mani sì,
per accorciare ed allungare,
per rammendare e riparare,
per cucire ed aggiustare.
Era questo il mio modo di amare.

Ora dimmi.
Mi senti forse tessere un inganno nel tuo cervello o tramare un fitto tranello?

No.
Ero bella sai e per davvero!
Di una bellezza rara ed antica, ben ricamata, ben cucita.

Mi amavano centauri, eroi e nifee,
satiri, viandanti ed anche dee.

Danzavo la Taranta ogni sera, all'imbrunire, non in un possesso dionisiaco o in una furia maledetta, ma dentro ad un tamburo e al centro della terra, da sempre benedetta.

Atena mi ammirava e quando non malediceva i suoi attacchi di emicrania, tesseva le mie lodi,
ma senza ago, né spago.

Avrebbe potuto cucirmi la bocca,
Scucirmi l'ombra,
Sfilare i miei ricordi come le perle di una collana,
Attaccare bottone coi miei amori,
Farmi il filo fino a farmi capitolare.

E invece no.
AGOnistica,
AGOgnava solo
di vedermi
AGOnizzare.

Così infilo' l'Ago fino in fondo, sFilò di dosso la mia dignità, la mia bellezza e la pelle di ambra.
Mi regalò otto zampe per leccare la terra, un velo Nero da Vedova precoce per coprire la mia fresca naturalezza e piu' occhi per piu' lacrimare.
Mi tolse il gusto di baciare, perché fili ora produce la mia bocca e un gomitolo è il mio bacio.
Ti soffoca e rende muto.

In grembo ho uova di marmo.
Non genero più per parto,
né distinguo più i colori.

Produco solo incubi e profezie, misteri e fobie.

Ed invece io vorrei sputare fuochi d'artificio e rompere tutti i cliché.
Piccoli spettacoli pirotecnici nell'erba, tra i libri, sulle rose e sui bouquet in un circo tutto mio dove vendere riso soffiato e Gomitoli di zucchero Filato.

Come un acrobata dondolare sul mio filo, roteare e volteggiare mentre la Filarmonica continua a suonare un nostalgico foxtrot.

Io clown, giocoliere, quilibrista, domatore, illusionista, musicista ed anche spettatore.

Ora è tardi. 
Notte fonda, lo spettacolo concluso. 

Zampettando rientro nel mio buco a ripensare a quel che sono e quel che so fare.

Niente clown, né pagliacci.
Finite le noccioline, riprendo i miei quattro stracci.

Torno alla mia piccola allegria di giocare con la rugiada, in una tela tutta mia.
Ordinare i miei pensieri, i miei sogni e desideri, ripensare alla mia vita, ai miei parti, alle mie ferite, alle mie arti, alla conoscenza, a quel che ero e quel che sono.

Ora aspetto che sia giorno e luce tutto intorno per svelare in una magia, al sole, la mia elegante poesia.

                        (Stamane, al sole)

https://youtu.be/VQ7MxTBUZnE