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ARGONAUTICA

Non si può andare, 
né prendere e partire,
né partire per riprendersi. 
È un tempo così.
 
Di dettagliato distacco.

Unica possibilità: 
circumnavigarsi.

Scoprirsi penisola e andare a cercarsi le proprie montagne, scalarsi il proprio Everest e fare rafting sulle proprie rapide.

Io ho iniziato dai piedi, 
poi ho tracciato la linea dei fianchi, 
ho disegnato il profilo del torace,
seguito l'altopiano del collo,
e sono sbarcata, infine, sulla mia superficie lunare.

Hai mai provato a ridisegnare la tua mappa
Parlamene, in caso. 
Sono curiosa.

Magari scopriresti che i tuoi tropici stanno tra le fronde rumorose dei tuoi pensieri abitati da uccelli multicolori, 
dove i flussi sono energetici ed improvvisi, 
il calore latente ed ipersensibile
e dove l'evapotraspirazione 
ha la consistenza dell'oceano.

I ghiacciai stanno sui capezzoli: 
i due poli su cui gli Inuit hanno costruito i loro caldi igloo, dove la neve si indica con mille parole diverse e lo sciamano è donna.

Il deserto sta nella curva della pancia e lungo le cosce, qui le dune sono state disegnate dal vento ed il paesaggio modellato dalle raffiche decise del tempo. Qui si sono scavati i pozzi, si è cercata l'acqua e sono stati piantati datteri dolcissimi. 
Sdraiati qui per guardare le stelle.

Nel torace pullula la foresta pluviale. Scimpanzé, gorilla ed oranghi saltano tra gli alberi, urlano e ridono, cantano e si corteggiano. Gli indigeni sono liberi ed hanno i piedi tatuati di blu.
Qui c'è la più grande farmacia del mondo
e la quinta sinfonia di Beethoven.

Il mare è nel sudore, 
la terra sta nelle mani, 
il baobab nell'ombelico 
e le conchiglie sulla colonna vertebrale.

Ho scoperto di essere fatta 
di microparticelle di materia, esattamente 
come il lombrico,
ed il cubetto di ghiaccio. 
Come la roccia 
ed il riccio di mare. 

Crepito come il fuoco 
ed invento melodie silenziose
come la larva,
gli anemoni di mare
e le formiche.

Naufrago in me stessa.
Nella mia terra, 
nuovamente vergine.

Entro, esploratrice, nel paradosso di non voler tracciare confini. 
L'orientamento non è più una priorità.

Questa la vera scoperta.

            (Koketit. Il sentiero verso di sé)