Ci sono luoghi (non posti, questo l'ho imparato), la cui storia riesce ad uscire dallo spazio fisico che la contiene.
Oggi ne ho visto uno.
E' successo nei vecchi padiglioni color Camel dell'area dismessa del Policlinico.
Incuriosita dai racconti dei giovani con cui ho la fortuna di condividere i turni di lavoro, sono andata a curiosare...
Bam! Tikitikibombom!
Un tuffo cuore!
Odore di polvere e di cloroformio.
Vecchie insegne di una nostalgica "ars curandi" e un "non entrare, suonare il campanello, grazie" affisso, non fuori dalla stanza di un albergo quattro stelle, (semiotica di un amore frettoloso), ma sacrosanto ammonimento della quiete di cui ha bisogno l'anima, prima che il corpo, per rinsavire.
Ovunque, perfino nei bagni dalle mattonelle briluccicanti, libri e manoscritti dell'arte della cura, rappresentazione di quel desiderio dell'uomo per l'uomo (o per la donna e della donna per la donna e anche per l'uomo)...
Libere associazioni affollano la mia mente e ricordi sbiaditi sbucano come germogli di un seme di cui non avevo più memoria.
"Sono un essere umano" sentenziava Terenzio nel punitore di sé stesso "e nulla di ciò che è umano ritengo estraneo a me!" Sarà per questo pensiero o per cos'altro che ora mi si agita un demone dentro?
Ricordo i miei anni di apprendistato, in questi corridoi, ora convertiti in aule studio.
L'arte è lunga, e' la vita ad essere breve!
Già.
Che nostalgia assurda che mi prende!
Ma perché? Ma di che cosa soprattutto?
Appena fuori di qui, affissero' il mio "non entrare, suonare il campanello, grazie" sulla porta della mia anima, non per amare frettolosamente pochi mentri più in là, ma per prendermi il tempo di un giro visite nei miei corridoi, misurare accuratamente la temperatura e svuotare i pappagalli dimenticati dall'incuria.
Rifarò i letti usando cotone di buona qualità, stirato e fresco ed eviterò con cura che si formino decubiti, facendo cambiare posizione ai pensieri.
Spalanchero' le finestre ogni mattina e farò entrare gli eventi.
Mi idraterò con fisiologica o con glucosata, a seconda dei giorni e somministrero' lo sciroppo, se ce ne sarà bisogno, guardandomi dritto dritto negli occhi.
Non dimenticherò più di sentire i polsi, come mi hanno insegnato, perché narrano, da sempre, storie silenziose e meravigliose con cui voglio venire a contatto.
Rileggerò ad alta voce quel pezzo che mi ha emozionata e lo rifarò ancora e poi ancora e sottolineero' quello che ho dimenticato.
Ripeterò la lezione, ma questa volta con parole mie. E mi siederò tra quei banchi, ma non troppo in fondo, perché ho così tanta voglia di imparare ancora la vita!
Esiste una armonia nascosta nelle cose.
Ricrearla è lo scopo, e al tempo stesso, il limite del nostro praticare.