Quante volte abbiamo riparato?
Quante cose abbiamo riparato?
Ma, soprattutto cosa abbiamo riparato?
Riparare.
Sul vocabolario della lingua italiana: rimettere in buono stato.
Ma anche difendere, proteggere.
e, nel tardo latino, addirittura tornare in patria.
Ho riparato poco, allora.
Non sono brava a rimontare i pezzi rotti, nè ho un gran senso dell'orientamento.
Però qualcosa ho riparato.
I tagli, per esempio. Le ferite.
Quando le riparo, puntualmente mi chiedo "combaciano ancora i due lembi?"
Ma se per caso non è così, avviso: "è una questione di sostanza, signore, io farò del mio meglio, certo, non dubiti, però non posso garantirle che tornerà tutto come prima!"
Una volta ho rotto i freni della bici e, non sono stata capace di ripararli.
Così ho dovuto fare solo salite, evitato accuratamente le discese ed ogni possibile accelerata, gli incroci e tutte le rotatorie. Ma soprattutto ho dovuto tenere sempre la medesima velocità, cioè quella di sicurezza.
Avrei pagato oro il primo biciclettaio.
Un giorno ha grandinato ed io non ho saputo riparare chi amavo dalla grandine. Lei però è arrivata all'improvviso. La grandine. Cioè il cielo era azzurro azzurro fino ad un minuto prima, non una nuvola, poi, in un batter di ciglio, si è fatto scuro. Di fango si è fatto. Sì, lui, il cielo. Pesante come un maglione di lana, indossato il quindici di agosto.
Non c'era un tetto. Neanche un cornicione. I chicchi gelati hanno colpito il nostro petto e graffiato i capezzoli e il ghiaccio si è sciolto, dentro.
Ho riparato alcuni legami, ma non tutti, alcuni sono stati lisati dal vento e dal sale, ma più di tutto dall'indifferenza che quando soffia, sfilaccia a velocità doppia.
Quelli non li ho salvati, non ho potuto, non ho voluto, soprattutto non avevo più tempo di rincorrere i capi del filo, avevo urgenza di amarmi.
Però, ho riparato le spalle a chi tremava più di me. Ho versato del brandy alla mia anima da sanbernardo, sperando di scaldarmi, mentre in realtà acceleravo soltanto la mia ipotermia, mentre nessuno se ne accorgeva. Me compresa.
Ho riparato un frullatore, una volta.
Ed anche un phon da viaggio.
Uno strumento a tre corde
ed un libro della Serrano.
Ho riparato un torto subìto, ma non subito.
Il tempo è stato proporzionale al mio dolore.
Non ho mai riparato una gomma con il chewingum anche se mi sarebbe tanto piaciuto farlo,
né mai una insufficienza.
Anche questo mi sarebbe piaciuto.
Avrei capito prima molte più cose.
E' da alcuni giorni che ho nostalgia di Adele. Una terribile nostalgia. Sì, la mia Adele, quella del libro. Mi manca lei come mi manca il suo mare. Mi manca da morire l'idea che lei ha del mare. Di come lo vive, di quella forza arcana di cui parla e della potenza riparatrice che tanto le appartiene.
Così ho deciso di riparare qui.
Sono affascinato da questo suo legame col mare. Una nuova Afrodite dei giorni nostri, Ilaria, Francesca.
RispondiEliminaSa, cara Ilaria, lei è riuscita a toccare con mano quel concetto del 'mare riparatore'. È stato mio amico per tanto tempo, il mare. Sì, il mare con quella voce frizzantina, impregnante.
Da Bambino mi regalarono un acquario credendo che mi avrebbe fatto piacere, essendo io nato sotto lo stesso segno. Un grande acquario, ma senza coperchio. Ecco, i miei pesci morirono tutti perché pian piano, uno alla volta, saltavano al di fuori. Ad un certo punto della mia vita compresi che gli acquari mi infastidiscono. La limitatezza di una stanza mi fa paura. I miei pesci volevano il mare aperto. Con rischi e pericoli, s'intende.
Mi colpiscono le sue ferite da lei riparate. Questa immagine, invece, mi evoca la prima infanzia quando ci tagliavamo sugli scogli e la mia zia mi ripuliva con l'acqua marina. "Vedrai che guarirà in men che non si dica" - diceva zia Micuccia.
Oggi sono un pelino più grande. E le strane congetture vitali mi hanno portato ad allontanarmi da quegli scogli su cui mi sedevo da bimbo per ascoltare cosa avesse da dire, rispondere alle mille domande che avevo e farmi ripulire le ferite.
So che ci rincontreremo, un giorno.
Però mi permetta di dire una cosa: spesso il mare mi evoca la bella stagione, il sole, la mia protezione 50 al profumo di albicocca. Devo ammettere però che i più grandi discorsi, su quegli scogli, li ho fatti in inverno, sotto quel cielo che prometteva grandine, quando la spiaggia era vuota. È lì che ho cominciato a capirne il linguaggio. Provi a ritornare al mare, quando il cielo si fa di fango. E porti con sé due maglioncini. Non si sa mai
Pietro
Gentile Pietro, che immagino essere un altro, rispetto al signore che condivide sul blog i suoi pensieri o magari no...comunque poco importa. Non è questo il punto. Non è di una identikit della mente o dell'anima che si va qui cercando e infatti vige un piacevole e interessante anonimato....
EliminaGrazie innanzitutto per questo suo rimando. Mi hanno colpita i suoi pesciolini che cercano n tutti i modi di tornare al mare. Li ho invidiati sa? Sì una sana invidia per i suoi pesciolini mi e6presa! Perché mai? Si chiederà? Soffrivano loro poveretti!
Sì, certo e non discuto questo, ma loro sapevano dove riparare (ultimo significato: ritornare in patria). Sapevano quale era la loro patria, il loro luogo di appartenenza. Non avevano dubbi. Quell'istinto infallibile che solo gli animali hanno mantenuto e che noi umani abbiamo perso o di cui fatichiamo a sentire l'eco. Così erriamo, come pellegrini, alla ricerca di un posto che ci appartenga e cui noi possiamo appartenere! Una sorta di bussola interiore che tutti vorremmo avere in eredità assieme alla forma degli occhi e al colore dei capelli!
Anche io amo il mare d'inverno. Lo amo quando la spiaggia si spopola. Quando soffia quella brezza che scompiglia i capelli come nessun vento di città né di montagna sa fare, quando i colori si confondono e devi tirare fuori il maglione.
Mi sento a casa a guardare il mare. Quel mare. Chissà!
Sono un acquario anche io...
O forse più un pesciolino, dei suoi....
A presto, mi auguro!
Riflettevo in questi giorni proprio sul tema del “Riparare”.
RispondiEliminaAd essere onesto, mi stavo perdendo giocando con i vari sinonimi e contrari che la lingua italiana ci regala:
Riguardarsi, coprirsi, ricoverarsi, mettersi al sicuro, mettersi al coperto, dar asilo, dar riparo, dar ricovero.
Provvedere, difendere, coprire, proteggere, rimediare, sanare, schermire.
Aggiustare, restaurare, accomodare, racconciare.
Anche: correggere, ricostruire, risarcire, parare, schermare, raccomodare, raddobbare.
Con tutti i relativi riflessivi.
Ricercando i modi di dire mi ha messo in allarme questo: mettere una pezza.
Precipitando nei sinonimi di “pezza”: ripiego, riparo, rattoppo… Mi sono chiesto quanto ci “ripariamo” e quante volte “mettiamo una pezza”, “ripieghiamo”.
In questi casi, forse non dobbiamo riparare. Smontare e ricostruire forse è meglio. Questo ce lo insegna il tempo di solito.
Poi ti sorprende il caso e mi sono ritrovato molto nell’ultimo articolo di D’Avenia, lunedì sul Corriere:
Il segreto per riuscire
https://www.corriere.it/alessandro-d-avenia-ultimo-banco/21_maggio_24/80-segreto-riuscire-af88c7d2-bbde-11eb-822f-b2d049d46202.shtml?refresh_ce
Ho ritrovato molto il suo mare, come la mia montagna. Stranamente quella dell’infanzia e dell’adolescenza, dove riparavo per ripararmi e di cui ho nostalgia.
Luoghi dove ripararmi nelle mura confortevoli che con l’età ho ricostruito e in cui ho imparato a riconoscermi: me stesso.
C’erano anche le mura confortevoli della relazione con l’altro e forse per questo ho nostalgia dei luoghi benefici di un tempo e ci tornerò per perdermi un po’, riparare qualche taglio, rimettere in sesto qualche pensiero assicurandomi di non mettere pezze.
Grazie per questi pensieri condivisi che ne accendono altri, e poi altri e infine accendono anche qualche risposta.
Ora non mi resta che andare a conoscere Adele. Cercherò il suo libro.
P.H.D.
EliminaGrazie gentile P.H.D! Effettivamente ha lanciato numerosi e curiosi spunti. Sono andata a guardare l'articolo di D'Avenia. Di solito non me li perdo, ma questo mi era sfuggito...curioso che mi sia comunque arrivato per altri giri strani che fa la vita o per semplici coincidenze. Mi ha lasciata in silenzio per qualche minuto il concetto che bisogna un po' perdersi per ritrovare una casa...già...mi sono detta...quanta cruda verità in queste parole!
EliminaCondivido poi che ci sono spunti che ne regalano altri e poi altri ancora....e' il bello della condivisione. ..un po' come la curiosa carrellata che giustamente lei riporta dei multipli significati che un'unica parola può avere...specchio dell'esistenza: ognuno, infondo, declina il vivere secondo il significato che più gli appartiene...
E grazie, infine, se andrà a cercare Adele e a leggere di lei...
A presto!