Se ti dicessero che domani finisce il mondo, che faresti?
Io
darei il bacio che ho trattenuto.
Prenderei in braccio il mio bimbo interiore, deforme e storpio e lo deporrei, finalmente e con delicatezza, tra le braccia di sua madre.
Metterei su un caffè, all'alba, nella moka grande, sussurrando al sole "resta ancora un po' a letto, non c'è fretta, oggi è festa, non lavori e questo riposo te lo sei proprio meritato!"
Amerei, a modo mio.
Direi grazie a chi c'è stato ma anche a chi, andandosene via, ha avvicinato me a me stessa.
Prenderei il treno verso il mare, senza prenotare.
Eviterei la mediocrità, per almeno un'ora.
Chiederei un sorriso complice per i miei fallimenti, fatti con amore.
Riderei a crepapelle, con chi ci sta, sopra i tetti della città, per almeno mezz'ora.
Chiederei alla mia anima di concedersi al suo grande amore, tra lenzuola di cielo.
E al mio cuore di imparare a piangere nella diastole che precede l'emozione. Si chiamano gratitudine quelle lacrime.
Avrei pietà.
Starei in silenzio.
Chiederei scusa per l'assenza, senza sentire il bisogno di cercare giustificazioni, né di aggiungere altro.
Direi "eccomi" e
"mi sono mancata".
"e tu, tu, come stai?"
Pianterei un bulbo. Tanto non lo vedrai? Certo, ma ogni volta che abbiamo piantato un seme, lo abbiamo fatto per la bellezza dell'attesa. Non certo per il frutto.
Quindi sì, pianterei un bulbo.
Mangerei una arancia.
Non scatterei fotografie.
Scriverei una poesia di una sola parola.
.
.
.
Eccomi.
È questa, la poesia.
E tu che faresti?
(la foto, questa volta, la prendo in prestito da Melania, giovane studentessa curiosa della vita. A fine turno, siamo scappate sui tetti del Dea per cercare un po' di pace e di stupore, che non guastano mai).