Passa ai contenuti principali

Transumanza del vivere



Il Natale, quest'anno, aveva gli occhi di mio padre, 
indossava la lentezza del verde.
Esiste un momento ben preciso in cui le coordinate del tempo si incontrano e i padri si fanno nuovamente figli.
Fateci attenzione, è l'ora della Pietas.

Il Natale, quest'anno, odorava dell'opium di mia madre. Anche oggi, come allora, quell'aroma ha riempito le mie stanze.
La scia di incenso ed il profumo della mirra mi hanno guidata verso la capanna della bimba che sono stata anche io, anche io venuta al mondo, ormai secoli fa.
Le ho dato una carezza sulla guancia, a quella piccina, facendomi spazio tra i personaggi del presepe, poi ho continuato il viaggio, alla ricerca del Bimbo di cui tutti parlavano. 

Il Natale, quest'anno, aveva indosso un maglione bianco, fatto di fili intrecciati: erano le assenze nei giorni di festa cucite assieme alle continue rincorse, erano le trame di ritmi sincopati e le gare contro un tempo perennemente tiranno, erano i regali scartati da mani di bimbe, ormai cresciute. 

Il Natale era fatto di sole, quest'anno, di api senza letargo, confuse dal troppo tepore, in cerca di fiori inesistenti.

Giacinti odorosi sbocciavano sui davanzali, inebriando di vita i mortali, non potendo bastare, tuttavia, a rappresentare la Primavera, 
né le variopinte fioriture di cui Ape ha bisogno.

È il tempo dell'Inverno, questo.
Del silenzio e del riparo.

Il Natale era fatto di vetrate dorate, delle invocazioni dell'Uomo, che ascendono al cielo fin dalla notte dei tempi,
e di stelle comete dalla lunga scia che viaggiano costantemente dentro al petto, indicando traiettorie di antiche nostalgie, rendendoci pastori in perenne transumanza nel viaggio terrestre.

Intanto lampioni al neon si mescolavano alle stelle e verdi pappagalli, arrivati da molto lontano, cercavano riparo dentro al mio cuore, confondendo così, anche le mie, di stagioni.

Silenzio, allora, sia.
È la notte dei miracoli.



ph scattata le sera della antiVigilia. Chiesa del Carmine, Pavia.